martedì 19 ottobre 2010

I PRIMI ANNI



I miei primi anni da supplente furono tutti caratterizzati da un comune denominatore: la paura.
Durante l' estate Vittorio e io compilavamo le domande; allora se ne potevano presentare quante ne volevi; le scuole in provincia di Napoli erano trecento e tante erano le domande che scrivevamo. Usavamo il ciclostile e dei" timbrini " per fare più presto, poi dall' inizio dell' anno scolastico l'attesa.
Le scuole che avevano bisogno di supplenti temporanei inviavano il telegramma a parecchi della graduatoria, andavi là e trovavi un numero imprecisato di persone per una supplenza di dieci giorni, un mese; se era una gravidanza era la pacchia.

La prima o il primo in graduatoria accettava o rifiutava e gli altri, a casa.
Oggi sarà anche peggio, ma allora era tremendo; io facevo il giro delle scuole con la mia 500 per accertarmi che non ci fossero imbrogli, che le nomine avvenissero regolarmente.
Paura, paura di non avere supplenze, paura che dopo una non ne arrivasse un' altra, paura di non riuscire a fare l' anno che significava 6 punti e lo stipendio estivo: c' erano due modi o insegnare per 180 giorni effettivi o dal primo febbraio senza interruzione.
L' ho detto altrove: ho avuto una vita facile e agiata ma la scuola me la sono sudata.
Inverno 1971-72: quell' anno andava in scena "Alleluia brava gente" che consacrò grande attore Gigi Proietti ; giovane e smilzo a fianco di Rascel, sostituì Modugno che all' ultimo momento dichiarò forfait e fu un trionfo, nel cast c' era anche una giovanissima Mariangela Melato. A Sanremo Marcella Bella cantava " Montagne verdi"; alla radio c' era Buon pomeriggio, Feltrinelli saltò in aria al traliccio di Segrate.
A gennaio ebbi una supplenza di un mese:Scuola Media Michelangelo a Bagnoli , mi trovai con una seconda media femminile e una terza maschile; andavano ancora in vigore i famigerati doppi turni per i quali mia mamma, tanti anni prima, aveva preferito iscrivermi dalle suore.
Con le ragazze nessun problema, le ragazze si affezionano alle supplenti giovani con i maschi fu più difficile.
Un sabato pomeriggio notai in classe dei volti diversi, per farmi uno scherzo avevano fatto entrare quattro ragazzi più grandi che non erano della scuola; chiamai il bidello che li cacciò; all' uscita, era il crepuscolo, mi assalirono nella 500, io chiusa dentro e loro a scuotere la macchina da fuori, quando videro che non facevo una piega, si annoiarono e se ne andarono; non credo di aver mai avuto paura, cominciavo a farmi le ossa.
Oggi si parla di bullismo, atti di violenza nelle scuole, cose, anche in tono minore sempre successe; si dava loro meno peso, dovevi guadagnarti il mestiere sul campo.
A febbraio '72, grazie a una raccomandazione ottenni una supplenza per tutto l' anno, si trattava di insegnare in un paesino del Molise distante 98 chilometri da Napoli, andammo in spedizione: mamma, papà, io e Vittorio.
L' unico albergo del paese era occupato da un mafioso al confino, con la sua corte; andammo a Isernia dove Vittorio aveva dei lontani parenti e ci indirizzarono ad un convento di suore.
Queste potevano tenermi a pensione, niente uscite la sera, niente televisione e alle nove luci spente.
Io, con la mia vita libera, ero disperata, ma Vittorio risolse la situazione: mi organizzò i percorsi giorno per giorno, in base agli orari scolastici e ai mezzi di comunicazione.
Alcuni giorni della settimana partivo da Napoli alle 5 e mezzo di mattina e tornavo al pomeriggio alla stessa ora.
I miei ritorni ( incoscienza della gioventù) si basavano sulla pietà di un autista di autobus della Linea Lanciano- Napoli, che mi aspettò sempre, all' incrocio tra la stradina che portava al paese e la provinciale e sulla gentilezza di un collega che passava a prendermi, venendo dal paese vicino per portarmi alla stazione di Venafro.
Il collega non fu mai assente quell' inverno, a Venafro prendevo un treno postale che partiva da Roma alle 9 di mattina e arrivava a Napoli alle 5 del pomeriggio,fermava perfino a Poggioreale; il giorno dopo si ricominciava.
Una volta a settimana mi accompagnava Vittorio che, essendo ancora all' Università, durante le mie tre ore di lezione rimaneva a studiare in macchina.
Nulla, dopo, fu peggio di quell' anno per cui, qualunque luogo mi toccò, mi sembrò bello e vicino; ci furono Caivano, Pozzuoli, Melito ( dove poi tornai da titolare), Arzano, Qualiano, Ercolano, che allora si chiamava ancora Resina, dove ebbi il primo incarico annuale alle 150 ore, la scuola serale per lavoratori.
Nel '77 tornai a Melito, dove ero stata come supplente, con incarico a tempo indeterminato, la scelsi come sede definitiva, fu il mio grande amore, la lasciai solo per Milano, con la morte nel cuore.
Da adesso in poi, tutti gli anni più o meno somigliandosi come aspetto esteriore, non li racconterò più ad uno ad uno ma procederò per ricordi: alunni o episodi particolari, fatti che mi sono rimasti impressi e andrò così a zig- zag, nel tempo; per lo spazio poi, ci sarà la parte dedicata a Milano.