venerdì 22 novembre 2013

CINQUANTA ANNI FA

Avevo sedici anni, mio zio, che abitava nel mio palazzo salì di corsa e ci disse che avevano sparato al Presidente.
Accendemmo la televisione.
Di quel giorno ricordo tutto: il tempo, gli odori, le sensazioni, il dolore tremendo che ci assalì.
Riesco a provarlo ancora, se ci penso.
E' tutto legato all' età che ciascuno di noi aveva, come per ogni evento del resto e all' epoca particolare che vivevamo.

La guerra, che noi non avevamo vissuto, ma i nostri genitori sì, era finita da pochi anni, il mondo si stava riprendendo, ci sembrava di vivere una favola e che tutto sarebbe sempre andato bene e anzi meglio.
C' era Kennedy, c' era Kruscev e stava cessando la " guerra fredda", c' era Giovanni XXIII e solo chi vede papa Francesco può capire di cosa io stia parlando.
Il " discorso alla luna", la sera dell' apertura del Concilio Vaticano II, le parole di Kennedy a Berlino che suscitarono emozione in tutto il mondo.
Tante cose ce le hanno raccontate dopo: allora non esisteva la " macchina del fango" creazione più recente e pericolosa in ogni senso.
Allora vedevamo una famiglia cattolica di origine irlandese, che era venuta su dal niente e tutti loro erano belli, ricchi, pieni di progetti, capaci di emozionarci e di coinvolgerci.
Era un' " EPOCA" e chi l' ha vissuta può, forse, ricordare.
Mentre scrivo in televisione sta andando in onda la canzone " Sound of Silence "di Simon & Garfunkel, anche quella in grado di trasportarci indietro nel tempo e farci rivivere un' epoca.
Jacqueline a Capri e Positano, la stessa con il vestito rosa del giorno dell' assassinio che rifiutò di togliere e cambiare anche durante il giuramento di Lyndon Johnson sull' aereo che trasportava la salma, il funerale al cimitero di Arlington eil piccolo John-John che salutava la salma del padre con la mano alla fronte.
Famiglia alla cui favola contribuirono, e non poco, le moltissime disgrazie che sempre l' hanno accompagnata.
Finiva un pezzo di storia: qualunque evento vero o mena ci abbiano raccontato in seguito, la favola e il mito vivono ancora in tanti di noi: forse è solo il ricordo della nostra gioventù.
 — 

mercoledì 13 novembre 2013

UCCELLI

" L'uccello libero grida:
« Amore mio, canta le canzoni delle foreste ».
L'uccello in gabbia dice:
« Siedi al mio fianco,
t'insegnerò il linguaggio dei sapienti ». 
L'uccello libero grida: « No, oh no!
I canti non si possono insegnare ».
L'uccello nella gabbia dice: « Ahimé,
non conosco i canti delle foreste ». 



Il loro amore è intenso e struggente,
ma non possono mai volare assieme.
Attraverso le sbarre della gabbia
si guardano e si guardano, ma è vano
il loro desiderio di conoscersi.
Scuotono ansiosamente le ali e cantano:
« Vieni vicino a me, amore mio! ».
L'uccello libero grida:
« E' impossibile, temo le porte chiuse della gabbia ».
L'uccello in gabbia sussurra.- « Ahimé,
le mie ali sono morte e impotenti>>. "
Rabindranath Tagore

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La foto è di Gennaro Esposito

sabato 2 novembre 2013

IMITAZIONE di Giacomo Leopardi

Lungi dal proprio ramo,
Povera foglia frale,
Dove vai tu? - Dal faggio
Là dov'io nacqui, mi divise il vento.
Esso, tornando, a volo
Dal bosco alla campagna,
Dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
Vo pellegrina, e tutto l'altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
Dove naturalmente
Va la foglia di rosa,
E la foglia d'alloro.
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La foto è di Gennaro Esposito