mercoledì 19 gennaio 2011

GITE SCOLASTICHE


Chiunque, da alunno o professore, sia stato in gita scolastica, ricorda come siano, quanto di più immutabile esista nella scuola.
Molti professori e genitori CREDONO sinceramente che il termine" viaggio di istruzione " corrisponda al vero; niente di più falso!
Per anni, specialmente a Milano, ho sperato di far risparmiare soldi alle famiglie e tempo ai colleghi che organizzavano il viaggio, proponendo che la giornata si svolgesse come al solito, scuola e casa; sarebbe bastato prenotare un pullman per tre o quattro sere di seguito ( quanto si era stabilito durasse la gita) e un albergo, che, visto il risparmio sul viaggio, visite a musei e altro poteva essere vicino e lussuoso; per i ragazzi, di ogni tempo e latitudine la gita o viaggio d' istruzione consiste nel far chiasso di notte in albergo, mescolarsi nelle camere, per le ragazze andare dai ragazzi e viceversa, fare pigiama party, commettere atti impensabili, ma non cattivi, far disperare il personale dell' albergo, dormire poco o niente ( questo è tassativo).
Per questi motivi la gita, di giorno è inutile; generalmente gli alunni dormono o ciondolano o fingono di avere qualunque malessere per non camminare e recuperare il sonno perduto di notte.
Melito di Napoli 1980- 81, l' anno del terremoto: si va a Montecatini Terme; fermata obbligatoria per il pranzo, arrivo, sistemazione nelle camere, cena. passeggiata per la cittadina e poi a letto.
Io ho sempre avuto un accordo con i ragazzi,: di notte io, chiasso o non chiasso, dormivo, non ero invasiva; sì, mi arrivava, nel sonno, qualunque suono e un galoppare come di cavalli, ma l' accordo era quello, sempre.
A Montecatini, quell' anno, una collega, signorina, e pudica trovò quattro ragazzi seduti su un armadio: come avessero fatto a salire fin lassù non so ma erano là; la poverina voleva dir loro di andare a letto, le uscì " Voglio vedervi spogliati" suscitando risate e urla da parte dei medesimi.
Si arrese e, quasi piangendo andò in camera sua chiedendo a me di andare nelle camere dei miei a controllare che tutto fosse a posto.
Andai e trovai, nella prima camera, quattro maschi dai volti d' angelo con accenno allo sbadiglio, qualcosa mi mise in allarme e chiesi che venissero fuori tutti: erano in 23, uscirono dal bagno, dagli armadi, da sotto i letti; come facesse una camera d' albergo a contenerne tanti, non so.
Ridemmo ci augurammo buona notte, ognuno tornò nella sua camera, credo per il momento.
Qualche anno dopo, primavera dell' 84, io e un collega sacerdote rimanemmo tutta la notte nella hall dell' albergo perchè una ragazza di terza media, che aveva fatto amicizia con uno del posto ( come facessero, questo, giuro, non l' ho mai capito ), aspettava che tutti dormissimo per uscire in moto col nuovo amico; la scena si ripetè per ore; lui veniva, lei scendeva, noi la bloccavamo, lei tornava in camera e così via.
Un anno, un ragazzo, dal nome profetico di Adamo cominciò a correre, nudo, sempre di notte, nel cortile dell' albergo.
Avevamo un vicepreside, persona deliziosa che ora non c' è più, chiamato dai ragazzi "spremm limone" chissà perchè; li minacciava di punizioni tremende se li avesse sentiti far chiasso di notte, dopo un pò russava talmente che svegliarlo era un' impresa.
Di una terza B era venuto in gita solo un maschio, tale Mele Vincenzo, bravo ragazzo; durante l' ultima ronda il vicepreside continuava a bussare alla sua porta e, non ricevendo risposta, pensò che fosse uscito e, siccome era atletico, nonostante l' età, ed essendo la camera a piano terra, entrò dalla finestra.
Il povero Mele Vincenzo dormiva; sentendo rumori e vedendo un uomo introdursi in camera dalla finestra cominciò a lanciagli addosso qualunque cosa; finì con risate generali.
C'erano sempre quelli che vomitavano; quello era un soccorso che io non riuscivo a gestire , ma trovavo sempre un' alunna premurosa che faceva da infermiera.
Alle gite c' erano sorprese: ragazze che in classe erano disinvolte fuori diventavano timide, piangevano; altre che durante l' anno erano silenziose e tranquille si rivelavano spiritose e intraprendenti.
A Milano ricordo due viaggi, entrambi in Francia; avevamo una collega di francese severissima sia con i ragazzi che con noi professori: un generale.
Un anno avemmo, invece dell' albergo promesso dall' agenzia un motel di quelli per camionisti; io e le ragazze al pianoterra e i maschi al primo piano: le ragazze si arrampicavano dai balconi per andare dai ragazzi, la collega era terrorizzata da questo e ordinò imperativamente alla Paolini, prof di musica, di eseguire una ronda.
La poverina, assonnata,entrava nelle camere e gridava: " Tutti fuori!". Inavvertitamente finì nelle stanze occupate da un liceo e precisamente " interruppe" un colloquio amorosa tra un prof di latino e una giovane collega.
Al Pont Du Gard, per scherzo, chiedemmo a dei militari italiani che incontrammo là, di far finta di arrestare un alunno; questi, che aveva storie diverse con almeno tre compagne, ci cascò e si spaventò, tra le risate di tutti noi.
Con una seconda media, primavera 2002 andammo in Toscana; fu una gita deliziosa e quella una classe splendida.
Non erano particolarmente bravi, ma si andava d' accordo, ci si voleva bene.
L' ultima sera, al ritorno dalla gita, nell' autobus si mettono canzoni, fanno la discoteca, le coppie che si sono formate durante quei giorni si seggono in fondo, via via che si avvicina il momento di arrivare la tristezza aumenta, il giorno dopo si parla solo del viaggio; anche io, da prof, mi sentivo quasi estranea a casa mia, desideravamo stare insieme.
Io sono stata una privilegiata, ho amato molto gli alunni, ma sono stata gratificata; gli ultimi due anni non me la sentivo di andare in gita, gli alunni mi chiamavano da lontano con il cellulare per raccontarmi tutto in tempo reale e al ritorno, poi, si dilungavano in particolari; loro mi mancavano e viceversa; questi sono doni preziosi.

giovedì 13 gennaio 2011

UN ANNO E UN POMERIGGIO INDIMENTICABILI


Perchè quando penso a quella classe, forse la più bella della mia vita, ci penso sempre come a" la classe di Cosimo"?
Chissà c' erano altri alunni, ugualmente cari ma nel ricordo resta questo abbinamento.
Forse fu perchè Cosimo mi scelse, in prima media, come sua unica possibile insegnante di lettere o me o nessuna.
La sorella maggiore era stata mia alunna qualche anno prima; era molto brava e oggi è professoressa di lettere nella stessa scuola media di allora. Cosimo era il minore di quattro tra fratelli e sorelle, quando fu il suo turno, decise che DOVEVA essere iscritto nella mia sezione.
Dei primi due anni non ho memoria, quando erano in prima nacque Paolo e io mi assentai per qualche mese .
In quella classe c' era anche Stefano: aveva come compagna di banco la prima della classe, la illuse per tre anni e agli esami capimmo perchè.
In terza, infatti, venne a sostenere gli esami come privatista il padre di Stefano; erano tanti, allora gli adulti che avevano bisogno della licenza media per continuare a lavorare, lui era nelle Tranvie Provinciali.  Stefano, agli esami operò uno strategico cambio di banco, piazzò la prima della classe vicino a suo padre e le chiese di aiutarlo lei era innamorata e il padre di lui  fu promosso senza troppo sforzo.
In terza si aggiunse Giovanni di cui ho parlato altrove; quell' anno, 1985-86,  andammo in gita scolastica a Lignano e là,  purtroppo, ci raggiunse la notizia della tragedia di Cernobyll, studiammo tanto e preparammo come recita di fine anno " Miseria e nobiltà".
Fu un lavoro immane: trasformammo il testo da napoletano antico in moderno, italianizzandolo un poco; c'  era chi recitava, chi suggeriva, chi si occupava di costumi scene e altro.
I colleghi e i genitori ci aiutarono tanto: i primi preparando fondali e scene con i ragazzi, i secondi fornendo mobili, sedie, costumi e  aiutando a cucire gli stessi.
La mattina si provava a fatica sia per le ore di lezione sia perchè il teatro era una specie di cavea naturale sulla quale si affacciavano le classi di tre piani e disturbavamo; allora io, dopo pranzo, con passeggino del figlio piccolo e figlio grande ( 8 anni ) al seguito, tornavo da Napoli e  si lavorava.
La prova generale, a sentire gli impiegati del Comune che ci portarono i microfoni,  fu uno schifo; con gentilezza ci augurarono che si avverasse il detto che se la prova generale è un disastro, la rappresentazione sarà un trionfo e lo fu. Tutto andò miracolosamente a posto, i ragazzi diedero il meglio di sè e fu un trionfo.
Ci furono delle piccolezze, come gli spaghetti sfatti e freddi alla fine del primo atto, quando tutti si gettano sul cibo con voracità ( ricordate la scena con Totò) e gli stessi maccheroni, messi per dispetto nel gelato che alcuni di loro ( i finti nobili) dovevano mangiare nel secondo atto ma fu comunque una splendida serata.
L' anno finì ( e quell' anno ci furono sette "ottimo" su 22 alunni ) studiarono, eccome.
Il giorno prima degli esami, che cominciavano col tema, ci fu una catena di telefonate tra loro e da loro  me volevano passare il pomeriggio insieme, tutti noi.
Andammo a casa di Cosimo, il padre aveva un vivaio, c' era intorno alla casa il giardino, un pergolato; qualcuno portò dolcetti, biscotti, qualche coca, c'erano tavolini, sedie, qualche sdraio.
Non facemmo niente, parlammo, ma poco, frasi brevi una parola qua e là; ricordo il profumo, il frinire delle cicale, il senso di assoluta pace e beatitudine.
Eravamo come sospesi tra un passato  di avventure e cammino percorso insieme  e un futuro ignoto, ancora tutto da inventare, da conoscere, esplorare; nessuno parlò degli esami, eravamo solo là, felici di esserci e di condividere insieme quelle ore;  tutto era come doveva essere, al crepuscolo ci lasciammo.
Dopo ho vissuto tanti momenti gioiosi, commoventi, belli con le classi ma la perfezione di quello, mai più.