GITE SCOLASTICHE
Chiunque, da alunno o professore, sia stato in gita scolastica, ricorda come siano, quanto di più immutabile esista nella scuola.
Molti professori e genitori CREDONO sinceramente che il termine" viaggio di istruzione " corrisponda al vero; niente di più falso!
Per anni, specialmente a Milano, ho sperato di far risparmiare soldi alle famiglie e tempo ai colleghi che organizzavano il viaggio, proponendo che la giornata si svolgesse come al solito, scuola e casa; sarebbe bastato prenotare un pullman per tre o quattro sere di seguito ( quanto si era stabilito durasse la gita) e un albergo, che, visto il risparmio sul viaggio, visite a musei e altro poteva essere vicino e lussuoso; per i ragazzi, di ogni tempo e latitudine la gita o viaggio d' istruzione consiste nel far chiasso di notte in albergo, mescolarsi nelle camere, per le ragazze andare dai ragazzi e viceversa, fare pigiama party, commettere atti impensabili, ma non cattivi, far disperare il personale dell' albergo, dormire poco o niente ( questo è tassativo).
Per questi motivi la gita, di giorno è inutile; generalmente gli alunni dormono o ciondolano o fingono di avere qualunque malessere per non camminare e recuperare il sonno perduto di notte.
Melito di Napoli 1980- 81, l' anno del terremoto: si va a Montecatini Terme; fermata obbligatoria per il pranzo, arrivo, sistemazione nelle camere, cena. passeggiata per la cittadina e poi a letto.
Io ho sempre avuto un accordo con i ragazzi,: di notte io, chiasso o non chiasso, dormivo, non ero invasiva; sì, mi arrivava, nel sonno, qualunque suono e un galoppare come di cavalli, ma l' accordo era quello, sempre.
A Montecatini, quell' anno, una collega, signorina, e pudica trovò quattro ragazzi seduti su un armadio: come avessero fatto a salire fin lassù non so ma erano là; la poverina voleva dir loro di andare a letto, le uscì " Voglio vedervi spogliati" suscitando risate e urla da parte dei medesimi.
Si arrese e, quasi piangendo andò in camera sua chiedendo a me di andare nelle camere dei miei a controllare che tutto fosse a posto.
Andai e trovai, nella prima camera, quattro maschi dai volti d' angelo con accenno allo sbadiglio, qualcosa mi mise in allarme e chiesi che venissero fuori tutti: erano in 23, uscirono dal bagno, dagli armadi, da sotto i letti; come facesse una camera d' albergo a contenerne tanti, non so.
Ridemmo ci augurammo buona notte, ognuno tornò nella sua camera, credo per il momento.
Qualche anno dopo, primavera dell' 84, io e un collega sacerdote rimanemmo tutta la notte nella hall dell' albergo perchè una ragazza di terza media, che aveva fatto amicizia con uno del posto ( come facessero, questo, giuro, non l' ho mai capito ), aspettava che tutti dormissimo per uscire in moto col nuovo amico; la scena si ripetè per ore; lui veniva, lei scendeva, noi la bloccavamo, lei tornava in camera e così via.
Un anno, un ragazzo, dal nome profetico di Adamo cominciò a correre, nudo, sempre di notte, nel cortile dell' albergo.
Avevamo un vicepreside, persona deliziosa che ora non c' è più, chiamato dai ragazzi "spremm limone" chissà perchè; li minacciava di punizioni tremende se li avesse sentiti far chiasso di notte, dopo un pò russava talmente che svegliarlo era un' impresa.
Di una terza B era venuto in gita solo un maschio, tale Mele Vincenzo, bravo ragazzo; durante l' ultima ronda il vicepreside continuava a bussare alla sua porta e, non ricevendo risposta, pensò che fosse uscito e, siccome era atletico, nonostante l' età, ed essendo la camera a piano terra, entrò dalla finestra.
Il povero Mele Vincenzo dormiva; sentendo rumori e vedendo un uomo introdursi in camera dalla finestra cominciò a lanciagli addosso qualunque cosa; finì con risate generali.
C'erano sempre quelli che vomitavano; quello era un soccorso che io non riuscivo a gestire , ma trovavo sempre un' alunna premurosa che faceva da infermiera.
Alle gite c' erano sorprese: ragazze che in classe erano disinvolte fuori diventavano timide, piangevano; altre che durante l' anno erano silenziose e tranquille si rivelavano spiritose e intraprendenti.
A Milano ricordo due viaggi, entrambi in Francia; avevamo una collega di francese severissima sia con i ragazzi che con noi professori: un generale.
Un anno avemmo, invece dell' albergo promesso dall' agenzia un motel di quelli per camionisti; io e le ragazze al pianoterra e i maschi al primo piano: le ragazze si arrampicavano dai balconi per andare dai ragazzi, la collega era terrorizzata da questo e ordinò imperativamente alla Paolini, prof di musica, di eseguire una ronda.
La poverina, assonnata,entrava nelle camere e gridava: " Tutti fuori!". Inavvertitamente finì nelle stanze occupate da un liceo e precisamente " interruppe" un colloquio amorosa tra un prof di latino e una giovane collega.
Al Pont Du Gard, per scherzo, chiedemmo a dei militari italiani che incontrammo là, di far finta di arrestare un alunno; questi, che aveva storie diverse con almeno tre compagne, ci cascò e si spaventò, tra le risate di tutti noi.
Con una seconda media, primavera 2002 andammo in Toscana; fu una gita deliziosa e quella una classe splendida.
Non erano particolarmente bravi, ma si andava d' accordo, ci si voleva bene.
L' ultima sera, al ritorno dalla gita, nell' autobus si mettono canzoni, fanno la discoteca, le coppie che si sono formate durante quei giorni si seggono in fondo, via via che si avvicina il momento di arrivare la tristezza aumenta, il giorno dopo si parla solo del viaggio; anche io, da prof, mi sentivo quasi estranea a casa mia, desideravamo stare insieme.
Io sono stata una privilegiata, ho amato molto gli alunni, ma sono stata gratificata; gli ultimi due anni non me la sentivo di andare in gita, gli alunni mi chiamavano da lontano con il cellulare per raccontarmi tutto in tempo reale e al ritorno, poi, si dilungavano in particolari; loro mi mancavano e viceversa; questi sono doni preziosi.
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