giovedì 13 gennaio 2011

UN ANNO E UN POMERIGGIO INDIMENTICABILI


Perchè quando penso a quella classe, forse la più bella della mia vita, ci penso sempre come a" la classe di Cosimo"?
Chissà c' erano altri alunni, ugualmente cari ma nel ricordo resta questo abbinamento.
Forse fu perchè Cosimo mi scelse, in prima media, come sua unica possibile insegnante di lettere o me o nessuna.
La sorella maggiore era stata mia alunna qualche anno prima; era molto brava e oggi è professoressa di lettere nella stessa scuola media di allora. Cosimo era il minore di quattro tra fratelli e sorelle, quando fu il suo turno, decise che DOVEVA essere iscritto nella mia sezione.
Dei primi due anni non ho memoria, quando erano in prima nacque Paolo e io mi assentai per qualche mese .
In quella classe c' era anche Stefano: aveva come compagna di banco la prima della classe, la illuse per tre anni e agli esami capimmo perchè.
In terza, infatti, venne a sostenere gli esami come privatista il padre di Stefano; erano tanti, allora gli adulti che avevano bisogno della licenza media per continuare a lavorare, lui era nelle Tranvie Provinciali.  Stefano, agli esami operò uno strategico cambio di banco, piazzò la prima della classe vicino a suo padre e le chiese di aiutarlo lei era innamorata e il padre di lui  fu promosso senza troppo sforzo.
In terza si aggiunse Giovanni di cui ho parlato altrove; quell' anno, 1985-86,  andammo in gita scolastica a Lignano e là,  purtroppo, ci raggiunse la notizia della tragedia di Cernobyll, studiammo tanto e preparammo come recita di fine anno " Miseria e nobiltà".
Fu un lavoro immane: trasformammo il testo da napoletano antico in moderno, italianizzandolo un poco; c'  era chi recitava, chi suggeriva, chi si occupava di costumi scene e altro.
I colleghi e i genitori ci aiutarono tanto: i primi preparando fondali e scene con i ragazzi, i secondi fornendo mobili, sedie, costumi e  aiutando a cucire gli stessi.
La mattina si provava a fatica sia per le ore di lezione sia perchè il teatro era una specie di cavea naturale sulla quale si affacciavano le classi di tre piani e disturbavamo; allora io, dopo pranzo, con passeggino del figlio piccolo e figlio grande ( 8 anni ) al seguito, tornavo da Napoli e  si lavorava.
La prova generale, a sentire gli impiegati del Comune che ci portarono i microfoni,  fu uno schifo; con gentilezza ci augurarono che si avverasse il detto che se la prova generale è un disastro, la rappresentazione sarà un trionfo e lo fu. Tutto andò miracolosamente a posto, i ragazzi diedero il meglio di sè e fu un trionfo.
Ci furono delle piccolezze, come gli spaghetti sfatti e freddi alla fine del primo atto, quando tutti si gettano sul cibo con voracità ( ricordate la scena con Totò) e gli stessi maccheroni, messi per dispetto nel gelato che alcuni di loro ( i finti nobili) dovevano mangiare nel secondo atto ma fu comunque una splendida serata.
L' anno finì ( e quell' anno ci furono sette "ottimo" su 22 alunni ) studiarono, eccome.
Il giorno prima degli esami, che cominciavano col tema, ci fu una catena di telefonate tra loro e da loro  me volevano passare il pomeriggio insieme, tutti noi.
Andammo a casa di Cosimo, il padre aveva un vivaio, c' era intorno alla casa il giardino, un pergolato; qualcuno portò dolcetti, biscotti, qualche coca, c'erano tavolini, sedie, qualche sdraio.
Non facemmo niente, parlammo, ma poco, frasi brevi una parola qua e là; ricordo il profumo, il frinire delle cicale, il senso di assoluta pace e beatitudine.
Eravamo come sospesi tra un passato  di avventure e cammino percorso insieme  e un futuro ignoto, ancora tutto da inventare, da conoscere, esplorare; nessuno parlò degli esami, eravamo solo là, felici di esserci e di condividere insieme quelle ore;  tutto era come doveva essere, al crepuscolo ci lasciammo.
Dopo ho vissuto tanti momenti gioiosi, commoventi, belli con le classi ma la perfezione di quello, mai più.

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