domenica 29 maggio 2011

I FIGLI: RIFLESSIONI


L' altro ieri ero dalla parrucchiera e c' era una signora che incontro spesso: è minuta, molto anziana e sempre accompagnata dal figlio di mezza età che è con lei di una premura incredibile; l' aiuta a togliere e infilare giacca  o pelliccia, a seconda della stagione, l' aspetta e, qualche volta  si fa fare lo shampoo anche lui e tagliare i capelli.
Di solito mi fa tenerezza e un po' di pena, ma venerdì pensai a quanto di quello che siamo sia frutto di carattere innato e quanto di educazione.
Io ho sempre cresciuto i miei figli con un misto di allegria e fermezza; quando ripenso alla loro infanzia, ma soprattutto alla loro adolescenza e giovinezza, rifletto che casa nostra era, in fondo, come un' allegra caserma che io dirigevo, ma dove nessuno si accorgeva di obbedire; del resto anche a scuola era così.
Il mio scopo principale era insegnare loro tante cose e una divisione dei compiti in modo tale da renderli il più autonomi e indipendenti possibile.
Rendere l' altro autonomo fa sì che tu perda prima o poi il controllo su lui, mentre coccolare, provvedere a ogni necessità dei figli fino a grandi ti rende schiava, ma eserciti il controllo, dipendono da te, e per me che ho sempre amato essere e rendere liberi era impensabile agire in altro modo.
Quando tornavamo dalle vacanze estive ci si sedeva tutti intorno alla tavola e si stendeva un piano di turni scritto, concordato, che ci coinvolgeva tutti, ad eccezione dell' ing, il quale, però, essendo stato bene educato da una madre intelligente, ancore oggi, e nonostante io protesti, sparecchia il suo posto a tavola e aiuta quando può.
Questa divisione dei compiti prevedeva:  apparecchiare e sparecchiare la tavola a turno ( si sorteggiava e chi aveva il sabato e la domenica aveva diritto a un turno in meno ), rifacimento ognuno del proprio letto, nonostante la domestica sia sempre venuta tutti i giorni,  cucinare per la mia mamma che, nel frattempo invecchiava,  e per tutti noi quando io ero impegnata con i consigli a scuola; la manutenzione della lavastoviglie e il mettere ciascuno in ordine la propria camera, riponendo le proprie cose, vestiti, libri, giochi e mettendo i panno sporchi in bagno nell' apposito cesto nel bagno di servizio.
Per quanto riguardò il cucinare fu facile, visto l' incredibile appetito dei ragazzi: volevano pastasciutta anche la sera e noi mangiavamo verdure; con pazienza spiegavo le varie fasi di semplici piatti e devo dire che impararono prestissimo e rivelando doti insospettate.
Paolo inventò anche un modo di far cuocere la pasta senza dovere andare a rimestare ogni tanto, metodo che abbiamo tutti adottato e che usiamo ancora adesso; riguardo al letto sempre Paolo escogitò un modo " abbreviato" per fare il medesimo; in pratica usava solo il lenzuolo di sotto quello con gli elastici che non deve essere rincalzato, ci si stendeva sopra e poi si avvolgeva nella trapunta che la mattina rimetteva in ordine.
Poi, una volta alla settimana la donna rifaceva i letti per bene.
Ancora oggi i loro bucatini alla carbonara sono senza dubbio migliori dei miei...
Poi insegnai loro ad andare a fare la spesa al supermercato; ci si recavano d' estate quando io partivo per Vico e loro rimanevano con l' ing e badavano a lui.  Insegnai loro il percorso segnando con dei pallini i banchi per le varie compere: tutto questo costò pazienza, ma non troppa, soprattutto continuità, mai mollare, con dolcezza, fino a che non avevano imparato.
E' anche vero che con un' educazione all' autonomia, una grande libertà, fatti salvi gli impegni scolastici che venivano giudicati prioritari, quando sono stati dell' età giusta, 29 anni uno e 27 l' altro, sono andati a convivere con le loro ragazze e Stefano dopo due anni e mezzo di convivenza si è sposato e dopo un anno è nata Virginia; Paolo convive ancora e penso che anche loro tra un anno o poco più si sposeranno.
Li ho educati allo stesso modo e andavano molto d' accordo: si sono fatti tanta compagnia tra loro e ce ne siamo fatta tanta, noi tre insieme.
Quante volte sospendevano di studiare e preparavano il the con i biscotti; che belle risate e che dolce intimità in quei momenti!
Di carattere sono diversi: Stefano più tranquillo e casalingo: anche adesso quando viene con la moglie e ora anche la bambina da noi, dopo pranzo è lui che va in cucina e prepara il  caffè per tutti; per anni ha lavorato a poca distanza dalla mia scuola; ogni mattina uscivamo insieme, il venerdì facevamo tappa al supermercato, poi  lo lasciavo in ufficio e andavo a scuola.
Veniva a pranzare a casa e il pomeriggio, per tacito accordo la macchina toccava a lui, a meno che io non avessi consigli; la sera se la dividevano a turno.
Abbiamo aiutati  entrambi a comprare la casa, ma la loro prima auto l' hanno comprata con i loro stipendi quando sono andati via; finchè sono stati a casa ci siamo divisi la mia: anche questo faceva parte di un piano educativo.
Paolo è sempre stato più vivace, pieno di amici e di impegni, ma è il più sensibile tra i due: è sempre pronto ad offrirsi per accompagnare a una visita medica, prende fuoco facilmente, ma poi ti abbraccia e ti bacia.
Stefano è come me: è stato il mio compagno fedele di una vita, poi si è costruito la sua casa con la sua donna e, ora la sua bimba, è come una chiocciola, ama il lavoro e fa una bella carriera, ma si sente a suo agio in casa sua e ora casa sua è altrove...anche se telefona ogni giorno e la confidenza tra noi è immutata e ha vicino una carissima ragazza e ci vediamo spesso.
Vengono però dei momenti, specie quando, dopo una visita salutano e vanno via in cui percepisci che un periodo si è chiuso; io non ho mai desiderato figlie femmine, ma mi rendo conto che, anche se in modo differente da una volta, restano più legate alla famiglia di origine, lo vedo dalla ragazza di Paolo; ci vuole bene, ma, è normale, con sua madre e con la sua famiglia in genere, ha un rapporto che con noi non ha.
 A volte per scherzo, quando Stefano era piccolo io gli dicevo che doveva restare sempre con me.
Ecco perchè,  dalla parrucchiera, vedendo il poverino di mezza età che accompagnava la mamma,  ho pensato quanto, nella vita, è frutto di abitudine e di educazione e, per un istante, ma solo per un istante l' ho invidiata, poi ho riflettuto:" Ma chi ce lo avrebbe voluto un figlio così ? Io no! " E mi sono consolata subito.

mercoledì 25 maggio 2011

LA MIA SCRIVANIA AEREA


Abbiamo in casa, per motivi familiari, quasi solo mobili antichi; erano di famiglia mia o di Vittorio, li abbiamo ereditati, ci sono cari.
I mobili d' epoca sono capienti, alcuni sono aggraziati, hanno comunque una storia alle spalle: il cassettone e i comodini della mia camera da letto sono elencati nelle dote della mia bisnonna milanese, la prima  Virginia, nel suo contratto di nozze datato 1882;  a me fa tenerezza pensare che, fabbricati in Brianza per una giovane sposa, l' abbiano seguita a Napoli e poi dopo un secolo siano ritornati qua, a Milano.
La stessa bisnonna Virginia fronteggia, nel salone quella di Vittorio, la nobildonna sarda Marianna Sini Masala il cui dipinto campeggia nella parete in fondo; non so se quest' ultima, di notte abbia mai chiacchierata con la mia ava o sia piuttosto occupata a guardare suo marito generale che è incorniciato, con tutte le sue medaglie su un tavolinetto basso nell' ingresso.
Comunque sia, io nella mia vita matrimoniale, tranne qualche libreria, non ho mai comprato mobili; anzi, mi sarei disfatta con gioia di qualche pezzo quando i figli sono andati via, ma i giovano voglio mobili moderni e comunque dicono che ci penseranno.
Il problema si presentò quando eravamo in cinque ( c' era con noi anche la mia mamma ) e la casa, pur essendo spaziosa, non aveva abbastanza " punti di raccoglimento " che garantissero ai ragazzi di dedicarsi, separatamente e con tranquillità allo STUDIO e, contemporaneamente, a noi adulti la possibilità di occupare il salone o di leggere o vedere la tv.
In un negozio di Corso Vercelli notammo questo mobile che è un pezzo da design, infatti costava tantissimo; è, da solo, quasi una intera camera; un divano letto, l' altro estraibile, poi, dietro,  ci sono dei gradini in legno che portano, come nei letti a castello, al piano superiore...solo che questo piano è occupato da un' enorme scrivania dove, oltre che per una quanbtità di libri, c' è posto per computer, cd, cartelle varie. Fa parte del tutto una panca incorporata e sotto la panca, invece della capra,  c'è una cassapanca dove metti a mò di ripostiglio, cuscini e coperte.
Ho sognato per una vita che i ragazzi andassero via per eliminare il mobile intero.
Ora che questa stanza ha solo librerie e una poltrona,  ho scoperto che sarebbe inutile  cambiarlo con una normale scrivania che ingombrerebbe una camera che ora è spaziosa; quando nelle mie folli fiabe di maghi e fate parlo della maghetta-prof sulla scrivania aera è verissimo; amo,  dopo che i miei figli vi hanno studiato per anni e vi hanno scritto le loro tesi, ora che ne sono padrona assoluta ( tranne quando, a volte serve all' ing ) scrivere quassù con le due finestre da cui vedo gli alberi del giardino: sono all' altezza delle loro chiome, mi sembra di avere " la casa sull' albero"; che devo dire, ormai, mi ci sono affezionata!

sabato 7 maggio 2011

MIO NONNO, ALPINO


Si chiamava Leonardo Andrea Grossi, veniva da una famiglia di latifondisti lucani; le loro terre si estendevano da Craco a Pisticci, due paesi in provincia di Matera.
Aveva molti fratelli e sorelle, lui e zia Rosina, che io ricordo, erano gli ultimi; alcune delle sorelle più grandi non le avevano mai conosciute o appena viste da piccoli; erano molto più grandi di loro, erano andate spose di altri possidenti che abitavano lontano. Allora si viaggiava in carrozza, quando le strade della Basilicata lo permettevano, altrimenti a cavallo.
Si dice che la bisnonna Vittoria, dalla sua grande casa, la cui porta era sempre aperta per dare ristoro e cibo ai poveri del paese o di passaggio, al tramonto guardasse all' orizzonte e pensasse alle figlie lontane e mai più viste come se, da lontano, potesse immaginarle nelle loro case.
Avevano a Napoli un appartamento dove Leonardo andò ad abitare quando si iscrisse a medicina; mia nonna Giuseppina, quella milanese, la madre di mia mamma, lo conobbe così: erano vicini di casa, lui bello, alto nero di capelli e baffi, lei giovane alta, sottile, elegante.
Lui l' aiutò e le fu vicino quando la mamma di lei ebbe un ictus dal quale non si riprese.
 Si innamorarono pazzamente; lui non si sa perchè non voleva che i suoi sapessero che intendeva sposarsi; forse perchè lei era del Nord, forse per paura che gli tagliassero i viveri...
Lei era molto religiosa e volle il matrimonio in chiesa, non c' era ancora quello concordatario, per la legge erano concubini, era il 1910.
Lui la portò ad abitare a Via Manzoni, allora quasi campagna a Villa Muzi, oggi trasformata in ospedale. Vissero una breve stagione d' amore perchè lui, appena laureato, si arruolo negli alpini, partì per la Libia, tornò, ebbero nel 1912 la prima figlia, Vittoria e nel 1914 mia madre, Virginia.
Nel frattempo si sposarono anche civilmente, lui fece testamento nominando le figlie eredi e la moglie tutrice " a patto che non contraesse nuovo matrimonio".
Riparti, allo scoppio della prima guerra mondiale; il 13 luglio del 1916, mentre curava un ferito in una tenda di campo scoppiò una granata e morì sul colpo.
Conserviamo ancora telegramma e lettera nei quali viene comunicato alla vedova che il tenente medico Leonardo Andrea Grossi è morto nel compimento del suo dovere di soldato...si parla di gloria, di onore, aveva 28 anni.
La nonna, non ne vide più la salma: è sepolto al cimitero del Pocol . Lei si recò dai parenti di lui, disse che era la vedova, fu ricevuta con grande affetto e conservò sempre ottimi rapporti con la famiglia del marito.
Vendette ai cognati la parte di eredità e tornò a Napoli con le figlie dove si mise a insegnare; non si sposò mai, visse fino a 91 anni nel ricordo di quel grande unico e breve amore.
Di lui ci rimangono lettere e cartoline dal fronte, una foto a cavallo, in divisa di alpino; mi viene da pensarci in questi giorni quando sento parlare del raduno degli alpini a Torino.
Visse una vita breve e intensa e morì per la Patria, come capita, ancora oggi a tanti ragazzi italiani; non esistono guerre giuste, la guerra è sempre crudele.