mercoledì 26 settembre 2012

STORIE DI PRIMOGENITI E NO...

Francesco Piccolo nel suo delizioso libro:" Storie di primogeniti e figli unici scrive: " Quando ero piccolo e andavo a scuola insieme a mio fratello, mia madre mi diceva di tenerlo per mano, e questo mi sembrava giusto e anche responsabile.
Quello che non capivo è perchè mi diceva sempre: " Mi raccomando, quando passate per quella strada dove non c'è il marciapiede, mettiti sempre tu dal lato della strada, dove passano le automobili ". Io lo facevo, e lo facevo con diligenza, ma ero molto dispiaciuto. Per me significava :" Io spero che nessuna auto vi butti sotto, ma se proprio dovesse succedere, preferisco che muoia tu piuttosto che lui".
Quando nacque mia sorella io avevo cinque anni.
Ero cresciuta abbastanza sola; non era quella un' epoca in cui i genitori, almeno i miei, si ponessero il problema di fare amicizia con altri che avessero figli della stessa età.
I miei avevano amici molto più giovani per cui io crebbi in un ambiente di adulti.
Per un verso ero più grande della mia età e, per questo credo, piuttosto saccente.
Per un altro verso ero timidissima tra i miei coetanei; alle feste di bambini mi appartavo, non socializzavo.
Era anche un' epoca in cui si era sculacciati o sgridati se disobbedivi, i bambini dovevano stare al loro posto.
Io sono cresciuta leggendo in modo vorace tutto quello che mi regalavano o che mi capitava a tiro.
Nel contempo, stranamente, partecipavo dell' ambiente colto, allegro e un po' radical-chic di cui i miei genitori si circondavano.
Non ricordo di essere stata mai gelosa di mia sorella; ricordo che per tutta la vita da me ci si è aspettato moltissimo: grandi risultati negli studi, anche perchè a scuola ero bravissima, affidabilità, maturità.
Da mia sorella nessuno si aspettava niente, di conseguenza ogni sua mancanza era scusata e ogni suo piccolo successo era visto come un miracolo.
Senza volerlo e non per mia colpa penso di essere stata una sorella ingombrante, un modello perenne con cui confrontarsi.
Lei, come tutti i secondogeniti, imparò ben presto tutti i trucchi che usano i fratelli minori per averla vinta: il capriccio, sottrarsi ai propri obblighi e più tardi, semplicemente, allontanarsi e partecipare poco alla vita familiare.
Il mio carattere cambiò verso i tredici- quattordici anni.
Mi fu concessa di botto e per sempre molta libertà e io diventai " comitivara ", allegrona, piena di amici e sempre indaffarata a combinare divertimenti vari.
Tutto culminò negli anni dell' Università che non posso definire in altro modo che S.F.R.E.N.A.T.I.
Mia sorella, al contrario all' Università sbocciò e, mentre io il mio 110 me lo presi non so come, lei si laureò in tre anni e una sessione con tutti 30 e lode e solo un 25 in latino.
In me di quel cambiamento avvenuto durante l' adolescenza è rimasta una traccia perenne.
Mia mamma diceva che, mentalmente, ero rimasta ai sedici anni.
Infatti c' è un aspetto di me che non è mai cresciuto: mi sono sposata, ho avuto figli, ho lavorato per una vita intera ma " dentro " e spesso anche" fuori" rimango l' adolescente di allora.
Credo che sia questo aspetto che mi ha portato a essere sempre stata accettata e amata dagli alunni e dai figli.
Questi ultimi, pur obbedendomi, hanno sempre avuto nei miei confronti un sottofondo di atteggiamento protettivo come verso una sorella minore.
Vedo sempre l' aspetto buffo delle cose; in mezzo alla gente se mi viene da dire c... lo faccio, canto ad alta voce guidando e spingendo il carrello del super ( e con il macellaio ), insomma c' è un lato di me che è rimasto intatto, credo intorno al 1960-61 quando andai al ginnasio a tredici anni e cominciai a scoprire l' aspetto ludico della vita.
Sono rimasta così, in un angolo ( che si vede benissimo ) e meno male perchè è come se avessi un paio di occhi in più che mi permettono di conservare lo stupore di allora, di entusiasmarmi per sciocchezze, di trattare gli adolescenti capendo perfettamente cosa pensano e sentono.
Spero, da questo punto di vista, di non invecchiare mai e ne sono quasi sicura.
Così ho sopportato qualunque dolore, anche piccolo come l' artrosi o grande come pene più forti.
Questo mi ha aiutato sempre.
Anche mia sorella, pur se in misura minore conserva questo aspetto del carattere dovuto anche alla grande libertà di cui abbiamo goduto.
Adesso ci guardiamo indietro e non possiamo fare a meno l' una dell' altra anche se viviamo lontane e siamo diverse.
Resistiamo poco insieme ma ci telefoniamo continuamente più volte al giorno quasi a voler far rivivere quell' atmosfera un po' folle che ha caratterizzato i nostri anni giovanili.
Siamo due vecchie ragazze, contente di esserlo e, finalmente pacificate.

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