martedì 7 dicembre 2010


Vico Equense, luglio 2006

Una giornata di luglio, siamo a Montechiaro, frazione di Vico Equense un paese della penisola sorrentina.
Ogni estate torno qua, da che ero piccola, anche dopo essermi trasferita, molti anni fa, a Milano.
Oggi, mia sorella mi ha invitato a un incontro letterario ; viene Roberto Saviano che presenta il suo libro “ Gomorra” da poco pubblicato, ma già un “ caso ” letterario. L’ ho letto in questi giorni di vacanza: è bello, potente, un pugno nello stomaco.
Siamo in una piazzetta: da una parte, una chiesetta di campagna, di quelle dipinte a colori ingenui tutta rosa e azzurro, dall’ altra una balaustra che si affaccia su un panorama da togliere il respiro.
Arriva l‘autore. Giovane, l’età dei miei figli, uno zainetto sulla spalla, l’aria di chi non è ancora abituato alla popolarità. Si unisce a noi, chiacchieriamo piacevolmente, gli dico che, per molti anni ho insegnato in un paese di camorra, gli porgo la mia copia del libro per una dedica, scrive “ Vico Equense ’06. A Eva che conosce bene questa realtà! Con stima. Roberto Saviano”
Sergio Lambiase, un amico, giornalista del “ Corriere del Mezzogiorno” lo presenta, lui parla del libro con competenza, passione, precisione. Segue il dibattito: qualcuno gli chiede se ha paura, risponde di no, che finché il libro sarà veicolato e se ne parlerà, lui si sente tranquillo. Siamo in molti, ma è come una riunione tra amici; il pomeriggio diventa crepuscolo, poi sera.
L’ho rivisto da lontano, due mesi fa, al Grassi a Milano, presentare il suo splendido monologo tratto da “ La bellezza e l’ inferno”, su un palcoscenico blindato di un teatro blindato. Dalle poltrone, dove eravamo noi si vedevano, dietro di lui, gli uomini della scorta.
Su facebook, oltre al sito ufficiale gestito dallo staff, ne sorgono ogni giorno di nuovi:” Un gelato per Saviano ”,” Saviano Governatore della Campania “ e così via.
Sempre, in articoli o in televisione lui ribadisce di sentirsi e voler essere, soprattutto, uno scrittore.
Appare spesso, in luoghi pubblici come teatri, televisione; ha spiegato che più è alta l’ attenzione e minore è il pericolo; in un’ intervista ad una giornalista italiana del dicembre 2009, lei gli dice che la camorra ha la memoria lunga, lui risponde di sì, lei gli chiede quando sarà maggiore il pericolo, lui risponde: ” Quando cadrà il silenzio”.
Nell’ immediato dopoguerra Andreotti criticò il cinema neorealista perché, diceva “ i panni sporchi si lavano in casa”. Oggi, qualcuno molto in alto, ha detto che libri come “ Gomorra “ fanno del male all’ immagine dell’ Italia nel mondo perché la fanno apparire come un paese di mafia e camorra.
Saviano ha detto spesso che, per molti nella sua condizione, peggio della morte è la paura del discredito, della delegittimazione, della diffamazione: “ E’ furbo...S’ è fatt ‘e sorde...parla male della sua terra...”
Io lo paragono spesso a Dante; molti punti li accomunano: prima di tutto l’ ossessione (quella, già quel giorno, gliela leggevi negli occhi ) di spiegare, illustrare, far comprendere a tutti il Male; poi l’ urgenza di descrivere un intero cosmo, tutto un universo in un’ opera; poi ancora l’ uso di una forma artistica: il poema per uno, il romanzo per l’ altro. Infine il prezzo alto, troppo alto da pagare in vita: esilio e fuga.
Oggi sembra che lui cominci a esistere quando, dal buio di un proscenio o di uno studio televisivo, entra nella luce e tra la gente, tanta gente, per poi ritornare nel buio della non-vita; mai, come per lui, sembra oggi che, vivere e apparire si identifichino.
Quando, giorni fa, c’è stato l’incontro a Perugia con Al Gore e il dibattito che ne è seguito, era teso, commosso dagli applausi scroscianti del pubblico.
Il giorno dopo sul quotidiano “ La Repubblica “ Leonardo Malà scriveva “ Roberto Saviano è rimasto ancora un po’ per qualche autografo, quindi i sette agenti si sono scambiati il segnale...Se ne va Roberto Saviano verso una meta ignota e un destino incerto. Il destino di un uomo con sette ombre.”
Più di dieci anni fa ho seguito un corso di aggiornamento; era sui rapporti interpersonali tra professori e alunni, come relazionarsi con l’ altro. C erano degli psicologi che usavano sempre i termini “ qui e ora”. Ognuno di noi, cambia, nel tempo, nello spazio e nella relazione con gli altri, il cambiare è condizionato da infinite variabili.
Roberto Saviano ha vissuto, giovane e in un breve arco di tempo, esperienze che ad altri non basterebbe una vita intera: ha avuto fama, successo, odio, avversione, ammirazione, idolatria e minacce. Persone che non lo conoscono ne hanno fatto un idolo, un’ icona; amici di una vita si sono allontanati da lui. E’ stato invitato a parlare a Stoccolma nella sala dove vengono assegnati i premi Nobel e gli sono state rifiutate case in affitto perché la gente, quando sapeva che si trattava di lui, aveva paura. Ha vissuto in caserme buie e inospitali, ha cambiato casa anche ogni dieci giorni, la sua famiglia è la sua scorta; l’altra, quella vera, lui ha raccontato che vive al Nord , sotto protezione, con modalità differenti dalle sue. Ha detto che è stato penoso per persone a lui care sentirlo delegittimare senza potere farsi avanti per difenderlo.
La gente lo ama: la gente è una massa indistinta che ti conosce ma che tu non conosci; quella vera ha un volto e un nome, è il giornalaio da cui compri il giornale, il portinaio che ti saluta quando esci e ritorni, il macellaio, l’amico, il vicino, il collega, il cameriere, il pizzaiolo.
Io, in questi anni, ho pensato a lui con affetto e tenerezza di mamma; tengo cara la mia copia di “Gomorra “ con la sua dedica, non la presto mai a nessuno; quando l’ ho visto a teatro, non ho provato il desiderio di superare barriere cercare di salutarlo; conservo nel cuore, come un privilegio, l’ averlo conosciuto quel giorno quando tutto, il meglio e il peggio, doveva ancora accadere; quel giorno sereno di luglio quando chiacchieravamo tranquilli mentre il pomeriggio estivo diventava crepuscolo e poi sera.




Milano, 8 maggio 2010

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