sabato 14 settembre 2013

TAMMURRIATA NERA

" "Tammurriata nera" è una fedele pagine di cronaca della Napoli del primo dopoguerra.
L'ispirazione venne ad Edoardo Nicolardi, dirigente amministrativo del Loreto Mare, e autore di canzoni (Voce 'è notte), constatando in ospedale una serie di nascite di bambini di colore.
Erano chiamati i "figli della guerra", quei bambini nati dalla relazione di alcune ragazze napoletane con soldati afro americani. 

E' la Napoli di Curzio Malaparte, è la Napoli dei sciuscià e dei soldati dalla faccia nera, quelli con le tasche sempre piene di tavolette di cioccolata, scatolette di carne e biscotti, che, chissà perché, la prima parola che imparano era "mammà".
E' la voglia di ripresa della città più bombardata, dissanguata di gioventù, con la più alta mortalità infantile di Europa, punto di sfogo delle libera uscita di migliaia di soldati che, come scriverà Erri De Luca, "la usano come il più grande bordello del Mediterraneo". "
Questo si legge sul web se vai a cercare notizie sul fenomeno.
Io li ricordo da bambina questi ragazzi e ragazze di qualche anno più grandi di me, decenni prima che ci fossero in Italia problemi di razzismo e integrazione.
E poi Napoli, si sa, sia perchè porto di mare sia perchè città frequentemente occupata, da sempre ha convissuto con saraceni, spagnoli, francesi e popoli di ogni parte del mondo.
E' una città e una popolazione abituata a tutto: palazzi signorili e " bassi " di povera gente sono affiancati, il " femmeniello " è da sempre stato oggetto di affetto e portatore di fortuna.
Questi ragazzi dalla faccia più scura e dall' accento napoletano c' erano; li ricordo in quelle vie che dal Corso Vittorio Emanuele portano a Piazzetta Mondragone dove si trovava la scuola in cui mamma insegnava e io frequentavo le elementari.
Non esistevano problemi di differenza o accettazione: erano napoletani e basta.
Con gli anni ne vidi meno: mamma diceva che una parte di loro aveva raggiunto i padri in America; una parte si confuse nelle popolazione sempre crescente.
Ricordo un ragazzo, Giorgio si chiamava, figlio di una domestica del nonno di Vittorio.
Aveva il cognome della madre e a volte veniva a casa dove lei lavorava.
Mia suocera, pioniera nel sostenere l' importanza dello studio dell' inglese quando a quei tempi noi ragazzi " bene" venivamo iscritti nelle sezioni di francese, e che aveva indotto Vittorio a studiarlo mentre frequentava ingegneria, in modo assolutamente innocente e ignara delle occhiatacce che le inviavano i figli, continuava a dire: " Giorgio, mi raccomando, studia l' inglese che è importante!".
Un altro, il più grande di tutti, lo incontravo sempre quando, da Melito dove insegnavo ritornavo a Napoli passando per Miano dove abitava.
Andava a fare tranquillo la spesa e anche dopo ne ho sempre ammirato l' arte: James ( Gaetano) Senese, forse uno dei più grandi sassofonisti del mondo, figlio di Napoli e cittadino del mondo.
"...E' nato nu criaturo niro, niro...
e 'a mamma 'o chiamma Giro,
sissignore, 'o chiamma Giro... "

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