giovedì 7 marzo 2013

RIACCHIAPPIAMO I RICORDI

Ogni tanto lo faccio: inseguo i ricordi, li " riacchiappio", li riassaporo.
I figli: si sa " so' piezz' 'e core".
Noi siamo stati fortunati, forse siamo stati anche bravi a tirarli su, non so.
Ora che da anni non sono più in casa ma sempre presenti anche con una telefonata, un pranzo tutti insieme, raccolgo nelle mente i tanti momenti quotidiani, le " pagliuzze dorate" da tenere sempre vive.
Io non sono " nata madre": ho imparato ad esserlo come credo avvenga alla maggior parte di noi.
Stefano fu il primo: da piccolo era silenzioso, serio tranne quando, nei primi mesi di vita, aveva fame e, di notte, urlava e piangeva come un ossesso finchè non gli si dava il latte.
Aveva un anno e mezzo, eravamo a Vico e io mi assentai per un giorno per andare a Napoli da Vittorio che, per lavoro, si recava n America.
Quando tornai, non mi guardò per due giorni: gli parlavo, si girava dall' altra parte.
Fu allora che giurai a me stessa che non lo avrei (o non li avrei) lasciati mai.
Poi è chiaro che li ho cresciuti preparandoli e preparandomi al giorno in cui sarebbero andati via.
Paolo era del tutto diverso: biondo, riccioluto e tremendo, vivacissimo.
Non camminava ancora e già, in auto, si sganciava dal seggiolino e strisciando mi si aggrappava alle spalle e mi costringeva a guidare con lui in precario equilibrio sulla mia testa.
Poi crebbero, venimmo a Milano.
Sono stati sempre molto legati fra loro e anche a noi.
Si parla oggi tanto di " genitori amici".
Siamo stati prima di tutto genitori ma sempre con delicatezza; non sempre autorevolezza coincide con severità o sgridate o punizioni e noi abbiamo cercato di applicare questo principio.
Vigeva una regola: al ritorno dalle vacanze ci si sedeva a tavola e si stendeva un piano scritto di compiti quotidiani che coinvolgeva tutta la famiglia.
Era abbastanza semplice: ognuno sceglieva quando apparecchiare e sparecchiare la tavola; quello a cui toccava il sabato o la domenica aveva diritto a un turno in meno settimanale; si accettavano scambi.
Ognuno si rifaceva il suo letto e sparecchiava il suo posto a tavola mettendo i piatti nella lavastoviglie.
Era tutto fatto " in fratellanza" con uno spirito di comunità.
La mia mamma, poverina, abituata ad essere servita, ed essendoci la domestica, mi chiedeva se fosse necessario che anche lei partecipasse a questi turni.
Io le rispondevo che poi l' averi sostituita io: l' importante era che fossimo tutti uguali, una comunità di pari intenti agli stessi compiti.
Con calma e pazienza ( che credevo di non avere ) ho insegnato a cucinare a entrambi, a fare la spesa al super.
Chiedevo loro di andarci e segnavo con dei pallini un "percorso utile" seguendo il quale, quasi come in un gioco, imparavano a districarsi nei meandri del supermercato.
Le difficoltà maggiori sono state quelle di essere una mamma-prof.
Non si doveva ASSOLUTAMENTE evincere il secondo aspetto.
Dovevo manifestare, non nei discorsi quotidiani ma rispetto al loro percorso scolastico, livello di cultura zero.
Ricordo che una volta Paolo mi chiese di provargli Verga e io timidamente azzardai una frase sull' " impersonalità".
Venni immediatamente tacitata.
Per quanto riguardava il tempo libero, così come ero stata educata io nello steso modo non limitammo la loro libertà; l' importante era che prima si studiasse e poi, se si voleva, si uscisse.
Siamo stati fortunati; hanno avuto un' adolescenza serena e senza pretese; voglia di divertirsi in modo sano, amicizie simpatiche, grande passione sportiva.
Vittorio, anche se molto occupato per lavoro, è stato un padre presente e attento.
Ho fatto capo a lui per tanti consigli su come comportarmi con i ragazzi: erano maschi, lui ne capiva di più.
Stefano ebbe il suo momento di " ribellione " quando, in terza liceo classico, si fece crescere i capelli fino alle spalle e decise che voleva iscriversi a Sociologia a Trento.
Vittorio mi chiese silenzio, disse che se la sarebbe vista lui.
La cosa avvenne in modo delicato e quasi " non percepibile ".
Stefano, spontaneamente, si iscrisse alla Bocconi, esaudendo il nostro desiderio.
Paolo, per differenziarsi dal fratello, si iscrisse al liceo scientifico e poi a Comunicazione e, dalla prima superiore andò avanti come una scheggia fino al primo e poi al secondo livello di laurea.
Sono ricordi lontani: come è giusto hanno incontrato le ragazze che sono state le donne della loro vita e sono andati via di casa abbastanza presto.
Io, ogni tanto, " riacchiappo le mie pagliuzze dorate": i pomeriggi, tanti, trascorsi noi tre insieme, quando loro smettevano di studiare e insieme preparavamo the e biscotti, le sere in cui io tornavo dai consigli di classe e loro mi facevano trovare la cena pronta, gli scherzi e le risate insieme, le chiacchierate di politica con Stefano e quel suo studiare dovunque con gli auricolari oppure davanti alla tv, i sabato sera con la pizza da me preparata e la cena tutti insieme e loro poi che uscivano e la gioia di vivere quei momenti consapevoli che non sarebbero durati per sempre ma il saperlo li rendeva per questo più preziosi.
Grazie ragazzi per quello che ci avete dato: ho tante " pagliuzze d' oro" che mi bastano per una vita!

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