domenica 27 ottobre 2013

L' ORA DI BARGA di Giovanni Pascoli

Al mio cantuccio, donde non sento 
se non le reste brusir del grano, 
il suon dell'ore viene col vento 
dal non veduto borgo montano: 
suono che uguale, che blando cade, 
come una voce che persuade. 
Tu dici, E` l'ora; tu dici, E` tardi, 
voce che cadi blanda dal cielo. 
Ma un poco ancora lascia che guardi 
l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo, 
cose ch'han molti secoli o un anno 
o un'ora, e quelle nubi che vanno. 
Lasciami immoto qui rimanere 
fra tanto moto d'ale e di fronde; 
e udire il gallo che da un podere 
chiama, e da un altro l'altro risponde, 
e, quando altrove l'anima è fissa, 
gli strilli d'una cincia che rissa. 
E suona ancora l'ora, e mi manda 
prima un suo grido di meraviglia 
tinnulo, e quindi con la sua blanda 
voce di prima parla e consiglia, 
e grave grave grave m'incuora: 
mi dice, E` tardi; mi dice, E` l'ora. 
Tu vuoi che pensi dunque al ritorno, 
voce che cadi blanda dal cielo! 
Ma bello è questo poco di giorno 
che mi traluce come da un velo! 
Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi; 
ma un poco ancora lascia che guardi. 
Lascia che guardi dentro il mio cuore, 
lascia ch'io viva del mio passato; 
se c'è sul bronco sempre quel fiore, 
s'io trovi un bacio che non ho dato! 
Nel mio cantuccio d'ombra romita 
lascia ch'io pianga su la mia vita! 
E suona ancora l'ora, e mi squilla 
due volte un grido quasi di cruccio, 
e poi, tornata blanda e tranquilla, 
mi persuade nel mio cantuccio: 
è tardi! è l'ora! Sì, ritorniamo 
dove son quelli ch'amano ed amo. 

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La foto è di Fabio Feliziani.

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