BAFFO
Conobbi Baffo o Baffone nel 1977 o nel ' 78; non è il suo vero nome, ma io l'ho sempre chiamato così.
Insegnavo a Melito e in quel periodo nacque Stefano, il mio primo figlio. Era un pomeriggio ( c' erano i doppi turni e si andava a scuola anche di pomeriggio) ; squillò il telefono in segreteria e andai a rispondere io lasciando i ragazzi in classe.
Mi arrivò, a raffica, un discorso in dialetto, piuttosto incomprensibile. capii che si trattava di un collega, più o meno della mia età, di poco più giovane, che aveva avuto la nomina; continuava a dure " Ch' aggia fà?". Io gli risposi che doveva subito presentarsi per prendere servizio; erano ancora recenti gli anni di gavetta anche per me: appena si ha la nomina, si corre. Ma lui continuava a urlare cose incomprensibili: ne ricavai, alla fine, che stava facendo il servizio militare, che non poteva venire, che ci arrangiassimo in qualche modo.
Tempo dopo, finalmente, arrivò e fu mio amico per dieci anni. Mi chiamò sempre: " Gambardè"
Insegnava educazione fisica, credo che insegni ancora, anche se, data l' età, anche lui sarò prossimo alla pensione: aveva un nome e un cognome, ma io lo chiamavo Baffo e gli alunni Jonny, non so perchè.
Ci univa il grande amore per il lavoro e lo spirito trasgressivo: anche lui, come me, era estremamente ortodosso nell' insegnamento e fortemente trasgressivo nelle modalità.
Abitava dall' altra parte della città, a Bagnoli; era di Scario, un paese vicino Sapri: sua madre era una bidella di scuola, suo padre, che poi morì era invalido, la sua era una famiglia numerosa, tanti fratelli e sorelle. quando l' ho conosciuto non aveva contatti con i suoi, c' erano stati dei dissapori, poi ricominciò a trattarli credo dopo la morte del padre.
Per mantenersi agli studi, negli anni dell' Isef, aveva fatto il portiere di notte in un albergo malfamato di Fuorigrotta.
Era molto amato dai ragazzi, era autorevole e li faceva lavorare: in quegli anni le classi erano divise, i maschi avevano un professore, le ragazze una professoressa, nelle ore di " fisica", così la chiamano gli alunni da sempre e dovunque,
Per dieci anni io ho accompagnato Baffo, con la mia macchina, dopo scuola; lo lasciavo a casa mia e con la Cumana risparmiava un bel pò di strada.
Durante quei tragitto ci raccontavamo tante cose e io gli volli bene come a un fratello e imparai a conoscerlo; era duro, ma ebbe un periodo di grande fragilità e depressione; si disse che tentò anche il suicidio.
Non ho mai saputo, nè ho mai chiesto perchè; so che quando ritornò a scuola era molto giù...un giorno, sotto casa mia si rifiutava di scendere dalla macchina, diceva che non se la sentiva di proseguire da solo, poi ritornò quello di prima.
Quando io preparavo le recite con gli alunni, facevamo le prove mattina e pomeriggio; a lui servivano i ragazzi per far lezione e da sopra le scale, lo spazio per il teatro era nell' atrio a pianterreno, me ne urlava di tutti i colori; litigavamo, ma senza conseguenze.
Un periodo tornò a casa con una collega della sua materia, poi si accorse che lei si stava innamorando di lui e chiese di nuovo a me di accompagnarlo.
Cosa pensassero i colleghi di paese della nostra frequentazione non lo so e non me lo sono mai domandata; forse ci furono pettegolezzi, qualche battutina arrivò anche a me, ma, avendomi mio padre insegnato che non è lo sguardo del mondo che dobbiamo temere, ma la nostra coscienza, il mio cuore e la nostra amicizia erano limpidi e io non mi sono mai preoccupata.
Durante i consigli di classe, generalmente tendevamo a difendere i ragazzi e promuoverli, quindi combattevamo insieme; un' unica volta, e anche allora fummo d' accordo, si decise di bocciare un ragazzo che, forse poteva essere aiutato, ma a cui sapevamo avrebbe fatto bene ripetere l' anno.
Venne il padre ad aggredirci, alla consegna delle pagelle e il mio collega lo affrontò a viso aperto.
Una volta ho visto un nostro anziano e temutissimo preside correre per i corridoi inseguito da lui, adirato per essere stato rimproverato per un ritardo; al mattino, per quanto si svegliasse presto, doveva prendere un sacco di mezzi e con il traffico sarà capitato forse una volta o due di arrivare tardi.
Tendeva a perdere i capelli che portava un pò lunghi; sembrava un corsaro con i baffi e scuro di carnagione.
L' ho sentito qualche anno fa quando è andato in pensione il collega di matematica: gli chiesi di mettere per me la quota per il regalo e non gliel' ho mai restituita.
So che da anni si è trasferito e vive a Melito, ormai è una figura tipica del posto e della scuola; so che ha una relazione con una collega sposata, prima nascosta, ora mi sembra che lei abbia lasciato il marito e vivano insieme; credo che abbia aperto anche una palestra nel paese o comunque faccia attività sportiva anche oltre la scuola.
Spesso penso che la mia vita è stata una specie di " Sliding doors". Si è presentata 24 anni fa a mio marito l' occasione di trasferirci tutti a Milano e l' abbiamo colta al volo.
Ne sono contenta, non cambierei una virgola ; ho allargato i miei orizzonti, arricchito la mia vita con tante esperienze, nuove amicizie, ho insegnato più anni a Milano che giù...là ho lasciato questa scuola che amavo tantissimo e nel mio ricordo è come se il tempo si fosse fermato, come se, tornando, dovessi trovare tutti come li ho lasciati.
Invece il tempo è passato anche per loro e senza di me; per quanto abbia mantenuto i contatti, sono andati avanti e io sono una sconosciuta per la maggior parte delle persone come loro per me; pochi giorni fa mi sono collegata col sito della scuola; c' erano messaggi di alunni di dieci anni fa, un' infinità di tempo per loro e io ero a Milano già da anni e anni;; a volte penso,se, come in " Sliding doors", le porte del metro della mia vita non si fossero aperte e non ci fosse stata la svolta e la partenza, quella scuola sarebbe diventata noiosa routine? Avrei prima o poi chiesto il trasferimento per avvicinarmi a casa? Sarei diventata una di quelle insegnanti anziane " storiche " che sono nella stessa scuola per 30 anni e più? Dovrei chiederlo a Baffo, lui ha fatto così.
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