Francesco,Stefano, Michela, Paolo. sono i nomi dei miei figli e di quelli di mia sorella: due per ognuna.
Non ha molta importanza quali siano i miei e quali i suoi, anche se lo diremo ma è significativo elencarli, come ho fatto io: in ordine di età.
Questi quattro fratelli - cugini hanno trascorso insieme l' infanzia e tutte le estati, ma questo non basta a spiegare il legame strettissimo che c' è tra loro; in fondo da 25 anni noi viviamo a Milano eppure loro si sentono spessissimo, sanno tutto l' uno dell' altro più che se fossero quattro fratelli: miracoli dell' amore.
Il primo a venire al mondo fu Francesco, figlio di mia sorella: lei lo ebbe un anno dopo il matrimonio.
Era il 13 giugno del '76, mattina presto, Vittorio e io dormivamo quando suonò il citofono; era Maria, la domestica di mia madre, nostra e che poi crebbe tutti loro, una contadina che parlava una lingua sua particolare molti dei vocaboli della quale sono ancora in uso nel nostro lessico.
Urlò: " La signora Pina è andata a comprare il bambino: è masculo!" ( Per Maria, come per i cinesi le femmine erano ininfluenti).
Infatti quella notte era nato Francesco che per mia madre fu, nonostante l' affetto che ha sempre avuto per tutti e quattro, IL PRIMO NIPOTE.
Papà era morto da pochi mesi e lei aveva promesso che avrebbe smesso il lutto, e lo fece, appena fosse nato questo bambino.
I primi anni, Francesco li visse praticamente con noi; mamma aveva un lettino da campo vicino al suo letto matrimoniale ed era più il tempo che lui passava da noi che a casa sua.
Da piccolo qualche volta capitò che avesse la febbre forte per via delle tonsille; una volta mamma chissà perchè pensava che delirasse e gli cantava a squarciagola " Furia , cavallo del West" e si tranquillizzò solo quando vide che canticchiava anche lui.
Quando Francesco aveva meno di due anni nacque mio figlio Stefano: quante foto abbiamo di oro due, diversi e sempre insieme; Francesco, biondo capelli a caschetto, occhioni tondi e sgranati, Stefano, bruno, tranquillo, con quell' aria saggia e consapevole che ha avuto sempre, da quando è nato e che nasconde uno spiritello burlone...
Michela, figlia di Pina, nacque quando Stefano aveva meno di un anno: ora è sposata, mamma di un bimbo, ha 32 anni, ma si ostina, per gioco, a dichiararne 25; in realtà sembra sempre una ragazzina.
Da piccola era bellissima con i capelli biondi e ricci ; la gente si fermava per strada ad ammirarla.
Il crescere con tutti maschi, fece sì che, pur mantenendo intatto questo aspetto da bambolina, fosse disposta ad ogni impresa e scorribanda.
Paolo, il mio secondo figlio nacque tre anni dopo Michela; infatti ebbe quasi tutto nuovo perchè gli altri avevano consumato vestiti e giocattoli a furia di passarli da uno all' altro essendo così vicini di età.
Andavamo d' estate a Vico e abitavamo tutti nella stessa casa; a luglio si adoravano, professavano amore eterno, dormivano tutti nella stessa camera con la povera Maria che cercava di gestirli.
Il gioco principe era il calcio; erano amici di due fratellini che abitavano nella casa col terrazzo a fianco al nostro, ma si frequentavano attraverso le sbarre o arrampicandosi perchè quelli, pur confinando con noi abitavano in un' altra scala dell' edificio.
Di cognome si chiamavano Vadacca e allora c' era lo scherzo di far finta che uno di loro si chiamasse Carlo e dicevano prima il cognome e poi il nome: ne usciva una cosa volgare...
Coabitando tutta l' estate, nonostante si passasse parte della giornata al Circolo, nuotando o giocando a tennis, in genere si arrivava a fine agosto che l' amore di inizio estate scompariva, cominciavano litigi, qualche volta lotte furibonde...e capivamo che era il momento di tornare in città dove, vedendosi spesso, ma non stando sempre insieme, ritornava l' amore reciproco.
Paolo, essendo distanziato per età, gli altri erano quasi gemelli, fu cresciuto da tutti, gli davano da mangiare a turno e ben presto cominciò a trotterellare dietro, seguendoli in ogni impresa.
Allora a Vico c' era il cinema e quando i grandi ebbero una decina di anni, il pomeriggio li accompagnavamo e poi ritornavano a casa da soli, erano tempi sicuri e a Vico, poi, c' è sempre stata più libertà che in città, ci si conosce tutti.
Cercavamo di fare in modo che i tre grandi potessero andare da soli senza Paolo, ma, quando questo se ne accorgeva, erano urla e pianti e gli altri si lasciavano commuovere.
Capitava però spesso che Paolo, ad un certo punto si annoiasse di star seduto a cinema, si alzava e usciva; gli altro lo seguivano cercando con gelati e " ciupa- ciupa" di convincerlo a tornare dentro, ma non sempre ci riuscivano; erano però molto pazienti con lui.
A quel tempo io avevo come auto il " maggiolino", era la vecchia macchina di papà: li mettevo tutti dietro e si scendeva a mare; facevo una quantità di viaggi durante il giorno.
In macchina un gioco ricorrente era cantare: con me si canta sempre; a loro piaceva molto un gioco: io guidavo e contemporaneamente cantavo " Azzurro", sceneggiandola, cioè quando cantavo " Cerco l' estate tutto l' anno", tutti facevamo finta di cercare: come facessi a guidare fare tutto insieme non so.
Quando passavamo sotto il ponte della ferrovia cantavamo " Il treno se ne va...".
La sera si risaliva dal Circolo poco prima di cena e a me venivano affidati, oltre i nostri, figli di amici: il sedile di dietro veniva abbassato e si ammonticchiavano tutti: una sera, nel salire i tornanti che dal mare portavano in paese, contavo mentalmente per accertarmi che ci fossero tutti: di scatto mi bloccai, avevo dimenticato Paolo.
Ridiscesi di corsa e lo trovai, fermo come un soldatino, davanti al cancello del Circolo, un po' stupito, ma nemmeno tanto...infattii erano passati pochi minuti.
Litigavano, sempre alleati tra loro, con un ragazzino che abitava nel palazzo di fronte e che conoscevano solo di vista; per dispetto si urlavano a vicenda : " Rete.-quattro".
Noi eravamo tanto tolleranti al chiasso che non ce ne accorgevamo più.
Quando Stefano fece la Prima Comunione ci eravamo appena trasferiti a Milano e da pochi mesi era morta mia suocera; quindi la fece d' estate a Vico e il pomeriggio la festeggiammo a casa, sul terrazzo con un' orda di ragazzini, in prevalenza maschi che si deliziarono giocando a pallone e correndo come pazzi qua e là.
Quando crebbero cominciarono i primi tornei di tennis: si ricordano vittorie memorabili di Stefano e Francesco contro avversari antipatici; non erano grandi giocatori ma se c' era da battere qualcuno che non sopportavano, ci mettevano tutta la tenacia del mondo.
Una volta Francesco, dopo una vittoria, si tuffò in piscina, scarpe, racchetta e tutto, attirandosi le ire del direttore.
Al Circolo, la sera, c' erano spesso feste; noi grandi salivamo a casa a cambiarci per la sera, loro rimanevano con gli anichetti di sempre al Circolo, mangiavano un panino o una pizza, poi noi gli portavamo il cambio per la sera, una doccia e tiravano, ciondolando, fino a mezzanotte.Noi li avevamo abituati ad andare a letto presto, ma, d' estate, queste follie erano tollerate.
Nell' '85 mia sorella, con la famiglia si trasferì a Vico in pianta stabile e l' anno dopo Vittorio mio marito seppe che saremmo dovuti andare a Milano.
Questo, se possibile, li unì ancora di più; quando d' estate arrivavamo a Vico, Francesco decideva di " venire in campeggio" e da casa sua si trasferiva a casa nostra che era quella dove, fino a pochi anni prima eravamo stati insieme.
Il Capodanno lo passavamo sempre a Vico, fino a quando lasciammo quella casa: era troppo grande e costosa; prima, da Napoli, vi passavamo tutti i fine settimana, ma, vivendo a Milano, ci limitammo ad andare solo d' estate.
Non per questo il legame tra i cugini si allentò: la sera, d' estate, erano sempre da noi con altri amici e crescendo, se possibile, è diventato ancora più forte.
Mia sorella ed io ci vogliamo molto bene, ma, a volte il nostro è un rapporto un po' conflittuale e inoltre ci sentiamo tutti i giorni, ma ci vediamo poco.
Ci siamo spesso chieste con gioia per quale motivo il rapporto tra i nostri figli abbia mantenuto una saldezza tale; forse perchè l' amore seminato dai nostri genitori e l' allegria in cui ci hanno fatto sempre vivere ha fatto sì che fosse come un terreno dove sono fioriti affetto, complicità, affinità: comunque sia, il risultato c'è ed è bello.