venerdì 1 aprile 2011

BENDO


Bendo era un ragazzo albanese: piccolo di statura, bruno, sveglio, intelligente, senza voglia di studiare.
Fu nella mia classe, una prima media nella quale insegnavo solo storia e geografia, e che quindi l' anno dopo avrei lasciato, credo nell' anno scolastico 2002-2003; di queste prime, alle quali ho insegnato solo per un anno, non ricordo tutti i volti e tutti i nomi, solo qualcuno. Lui, lo ricordo perchè viveva in Italia da piccolo, aveva frequentato le elementari a Milano nella scuola vicino alla nostra, aveva l' accento milanese, si esprimeva bene e con proprietà di linguaggio; aveva solo la mamma, il padre era morto.
Si scherzava spesso sulla sua poca volontà e io lo minacciavo dicendogli che, se fosse stato bocciato, avrebbe ripetuto l' anno in classe con me e sarebbe rimasto con me per tre anni; lui diceva che la cosa non gli piaceva per niente, infatti la loro insegnante di italiano era molto mite, mentre io, pur ridendo e scherzando con i ragazzi, durante l' anno li pungolavo ininterrottamente, salvo poi a battermi come un leone per la loro promozione a differenza di qualche collega che, durante l' anno lasciava correre, ma se c' era da bocciare non aveva scrupoli.
Fu comunque promosso in seconda; l' anno dopo era nell' aula a fianco alla mia e chiacchieravamo durante l' intervallo; ogni tanto gli raccomandavo di studiare perchè, altrimenti, sarebbe venuto in classe con me e lui, ridendo, rispondeva che questo, mai.
A fine d' anno seppi dai colleghi che avevano deciso di bocciarlo: lo consideravano troppo intelligente e pensavano che ripetere un anno gli avrebbe fatto bene...cercai di fare cambiare loro idea: sapevo che lo avremmo perso; in classe ce n' erano di peggiori e lui avrebbe trovato la punizione ingiusta ed esagerata.
Inoltre il suo orgoglio gli avrebbe reso intollerabile vivere nell' aula a fianco a quella dei suoi compagni , specie i più scapestrati, per i quali era quasi un mito, ma nella classe inferiore, un" ripetente".
Infine era vero quello che, scherzando, diceva spesso; essere mio alunno era divertente ma impegnativo; per quelli che erano con me dalla prima e per molti che prima o dopo, si inserirono da ripetenti in seconda o in terza, fu facile e perfino piacevole; per lui, nel suo " orgoglio albanese" come dicevamo per scherzo, forse il pensiero era intollerabile...poi, forse, gli sarebbe piaciuto, ma l' idea, proprio non la sopportava.
Il giorno della consegna delle pagelle venne,  accompagnato dalla mamma che lo viziava abbastanza e continuò a piangere; non riusciva a rassegnarsi, gli sembrava impossibile essere stato respinto. Questo è un errore che  imputo a molti professori e che io ho cercato di non commettere mai:  la bocciatura è già un grosso trauma, bisogna tentare di tutto per evitarla, specialmente facendo in modo che, durante l' anno, l' alunno prenda coscienza del fatto che, se continuerà a non impegnarsi, vi andrà incontro, nessun ragazzo deve arrivarci impreparato.
L' anno dopo, in seconda media era segnato sul mio registro, ma non si presentò mai a scuola.
Io, in questi casi ero molto precisa, anzi pignola;  avvertivo il preside e la segreteria perchè si mettessero in contatto con la famiglia: era scuola media, il ragazzo no aveva chiesto nulla-osta per trasferirsi altrove, era evasione all' obbligo scolastico.
Il preside fu piuttosto lento e, solo dopo molte insistenze, riuscì a mettersi in contatto con la famiglia.
Un giorno, sbrigativamente, mi comunicò che era venuta la mamma, che lui aveva chiesto e lei gli aveva detto che il ragazzo intendeva tornare in Albania;  lei ritirò i suoi documenti e il ragazzo fu cancellato dal registro.
I suoi ex compagni della classe precedente, almeno quelli molto legati a lui, erano abbastanza evasivi quando chiedevo loro notizie.
A Natale corse voce che fosse ritornato a Milano,c' era chi diceva di averlo visto, andava in moto, poi più niente. Forse a febbraio, mio figlio una sera, mi disse di avere assistito a un grave incidente nel quale era morto un ragazzo; dopo pochi giorni a scuola corse voce che Bendo fosse morto, per l' appunto in un incidente mentre andava in moto a tarda sera, ma sempre con questa strana ritrosia a parlarne da parte degli amici. Non riuscimmo a sapere niente dei funerali, si disse solo che la salma sarebbe stata riportata in Albania.
A fine anno scolastico, giugno del 2005, ricevetti una telefonata dal preside che si era recato come presidente di Commissione per gli esami di licenza media in una scuola in periferia.
Era sconvolto: mi disse che, entrando in una terza, aveva visto su una parete una foto a grandezza naturale di Bendo e aveva esclamato che quello era un alunno della sua scuola. I professori erano caduti dalle nuvole; per loro Bendo era un ragazzo appena arrivato dall' Albania, loro lo avevano iscritto in terza media perchè aveva dichiarato che i suoi documenti gli sarebbero stati prima o dopo spediti.
In pratica, con l' aiuto di parte della comunità albanese, che nella zona era numerosa, lui aveva nascosto di essere stato bocciato in seconda media e di avere frequentato tutte le scuole in Italia, tanto che i professori erano stupiti da come avesse imparato presto l' italiano; loro erano stati abbastanza superficiali ad accettarlo senza documenti...che non sarebbero mai arrivati e lo avevano iscritto, sulla fiducia, in terza.
Erano tanto affezionati a lui e la sua morte li aveva tanto sconvolti che avevano piantato un albero in sua memoria nel giardino della scuola e avevano fatto una colletta per rimandare la salma in Albania.
Quante volte ci ho ripensato...sempre come in" Sliding doors": un evento, un fatto, ne fa inanellare a catena tanti altri, in un senso o nell' altro. Lui da Milano non era mai andato via, aveva tentato di cambiare il suo destino in modo non corretto per riprendersi quello che pensava gli era stato tolto...chissà, se l' incidente non fosse successo, il preside avrebbe dovuto, vedendolo, denunciare l' inganno e lui  non avrebbe potuto sostenere l' esame; ma se fosse rimasto con noi, se io avessi parlato con lui, con la madre, se l' incidente si fosse potuto evitare, se non lo avessero bocciato,se,se se, quanti  "se"  per la vita sbagliata e finita stupidamente di un ragazzo di quattordici anni che correva, di notte, in moto.

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