LE ORE DI MUSICA A SCUOLA
Negli ultimi dodici anni, nella scuola in cui insegnavo avevo come collega di musica una persona deliziosa a vedersi.
Piccola di statura, giovanile, amabile, aveva grandissime difficoltà a rapportarsi con gli alunni.
Io ho sempre sostenuto che il nostro è un mestiere da artigiani: i professori devono 1: sapere quello che insegnano; 2: credere in quello che insegnano; 3: saper passare con semplicità e far comprendere i contenuti.
Alla mia collega il punto 3 mancava, ohimè, totalmente.
L' ho constatato io stessa quando, qualche volta, abbiamo preparato insieme ( abbiamo cercato di preparare ) spettacoli di Natale o di fine anno scolastico. Aveva idee ben precise sulla musica: per lei esisteva quella sinfonica e basta; costringeva i ragazzi a delle ore di ascolto, in silenzio ( utopia!!!).
Per quanto riguarda musiche più recenti qualche volta faceva cantare: " Mamma mia dammi cento lire " e, occasionalmente: "La guerra di Piero " di De Andrè.
Sia le spiegazioni durante le lezioni, che le indicazioni per quanto riguardava gli spettacoli, erano assolutamente criptiche e incomprensibili, anche per i movimenti da farsi e la successione dei numeri da eseguire; ho sempre ammirato moltissimo gli alunni che ci capivano qualcosa in più di me.
Quello che era chiaro è che dovevano vestirsi di bianco e blu.
Ho visto ragazzi ammalarsi improvvisamente per non partecipare allo spettacolo, inventare visite di parenti lontani, qualunque cosa.
E pensare che la musica, se insegnata bene, apre mondi nuovi e inesplorati, fa scoprire talenti nascosti.
Durante l' anno, o meglio durante il triennio, le lezioni di musica si svolgevano nel caos più totale; gli alunni facevano, come si dice a Milano " la qualunque"
Lei si lamentava con noi colleghe di lettere e noi, da una parte, cercavamo di calmare i ragazzi e di ascoltare le loro istanze, dall' altra dicevamo loro che non era quello il modo migliore di comportarsi. Io, da parte mia, con sincerità, ho sempre detto loro di stare buoni che poi agli esami sarebbe successo di tutto, ma purtroppo non sono stata mai ascoltata.
Gli esami: ecco la nota dolente; a quel punto la prof si vendicava di tre anni d' inferno e si scatenava agli orali con domande tremende e conseguente abbassamento di giudizi.
Allora entravo in scena io: quanta fatica e dispendio di energie mi è costato tutto ciò!
Cominciavo da marzo-aprile a preparare con gli alunni l' orale delle mie materie perchè il colloquio fosse PERFETTO; i titoli dei temi, quelli nessuno poteva saperli, ma i miei giudizi erano di un' indulgenza mostruosa.
All' orale, poi, era una faticaccia perchè, in teoria, solo la prima domanda era a piacere, poi erano cavoli miei. ricordarmi come doveva continuare il colloquio nei termini stabiliti con i ragazzi.
La mia collega di educazione tecnica, a cui non ero simpatica, interveniva anche nelle mie materie e non è mai riuscita a capire come mai fossero tutti sempre così ben preparati in italiano, storia e geografia.
Poveretta, si è dannata per una vita!
Al momento dell' interrogazione di musica la prof della medesima si scatenava: domande tremende, i ragazzi la guardavano istupiditi, forse ( spero) pentendosi del chiasso fatto per tre anni!
Una volta, il ragazzo si chiamava Stefano Carini, ma non ha mai saputo quello che è successo, vista la malaparata, siccome lui meritava " distinto " e dalla piega presa con l' interrogazione di musica non ci sarebbe arrivato proprio, andai dalla Preside che era da noi come commissaria d' esame e la pregai di intervenire; fortunatamente venne e l 'esame prese la piega giusta.
Lo stesso Stefano, quando venne l' addetto del Comune per spiegare i vari indirizzi di scuole superiori, si fece giurare che a geometra non si studiava musica perchè altrimenti lui non si sarebbe iscritto. Un altro, Edo si chiamava, si era fatto regalare all' inizio delle medie una chitarra: in terza media la ruppe.
Ho sempre sperato, scolasticamente, di sopravviverle; non ce l' ho fatta.
Nonostante fosse più grande, ha insegnato un anno più di me, poi l' anno dopo è andata in pensione.
Resta vivo il suo ricordo tra gli alunni: lo vedo, a volte, anche su fb.
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