giovedì 20 ottobre 2011

L' ALUNNO DI CUI NON RICORDO IL NOME


Era, credo, l' autunno del '76; l' anno prima avevo avuto l' incarico del Provveditorato per le scuole serali le " 150 ore" e lo aspettavo anche quell' anno; nel frattempo ero disoccupata e accettavo supplenze come ormai capitava da sette anni; ero sempre riuscita a insegnare ogni anno per tutto l' inverno.
Fui chiamata in una scuola media di Napoli, credo che sia l' unica volta che non mi sia mossa dalla città.
Era una sezione staccata della scuola; si trattava di un riformatorio.
Sono stata là circa due mesi, poi arrivò l' incarico e andai via.
Ricordo un ragazzino di prima media: era l' undicesimo di tredici figli, era stato tolto dal tribunale alla famiglia perchè il padre aveva abusato di una sorella.
Era dei Vergini un quartiere popolare di Napoli; aveva dodici o tredici anni ma sembrava più piccolo della sua età.  Educato, schivo, tradiva con qualche gesto e qualche sguardo la visione e la consapevolezza di orrori familiari e ambientali nei quali io stessa rifiutavo di addentrarmi.
Mi raccontò che di notte nell' istituto c' era poca sorveglianza e parecchi di loro uscivano; credo che vivessero una tremenda, squallida e parallela vita nei vicoli della città; all' alba ritornavano.
Lo invitai a casa a pranzo; l' ho fatto tante volte con quelli più poveri o con caratteri incattiviti da una vita difficile. Mi sembrava di dare un' illusione di calore, di casa normale, non so se facevo bene, so che a loro ha sempre fatto piacere.
Passarono alcuni anni; un giorno sentii suonare alla porta: era lui, ormai  giovanotto, con un fascio di fiori per me.
Mi disse, in modo per me poco poco credibile che era stato all' estero; il ricordo di me, di quei pochi mesi in cui si era sentito trattato con tenerezza e umanità doveva essergli rimasto impresso.
Non fui affatto all' altezza delle sue aspettative; era  passato tanto tempo, qualcosa mi fece pensare che durante quegli anni fosse stato in prigione, provai diffidenza, pensai che fosse venuto con scopi poco chiari.
Chiacchierai per qualche minuto, gli offrii un caffè, poi lo lasciai andare.
Forse in quegli anni il mio ricordo lo aveva accompagnato e fu ricacciato indietro dalla mia paura e indifferenza; non ho saputo più niente di lui, non ne ricordo nemmeno il nome. Spesso, pensandoci ho provato rimorso come per una vigliaccheria commessa, per un' occasione persa ma è capitato anche altre volte; non tutte le storie scolastiche si concludono con successi, molte volte con delle sconfitte.

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