venerdì 7 ottobre 2011

GIORNATE AMERICANE


La mia nota di ieri sembrava a me, come ad altri, stranamente malinconica e rifletteva qualcosa accaduto in questi giorni; oggi mi sono ripresa e spiego il perchè della mia stanchezza mentale e fisica.
Qualche mese fa, l' ing mi comunicò che gli aveva scritto una mail una cugina dall' America dicendo che a ottobre sarebbe venuta in Italia per " ritrovare le origini " e che lui le aveva risposto invitandola come nostra ospite nelle sue giornate milanesi.
Io prima  amavo molto avere ospiti, ora meno, se si tratta di amici intimi non c' è problema, ospitare in casa due persone di cui una mai vista ( l' amica della cugina ) e l' altra vista l' ultima volta 32 anni fa diventa più problematico. Ma per amore dell' ing non sarebbe stato un gran sacrificio.
In realtà è una cugina in secondo grado: suo padre e mia suocera erano figli di due sorelle; questo cugino finchè è vissuto è venuto in Italia quasi ogni estate con la moglie. Erano persone deliziose, divertenti e brillanti molto legati anche a mia mamma. Hanno passato molte estati con noi a Vico e abbiamo dei bellissimi ricordi di loro.
Scambio di mail e telefonate sempre più intenso, dibattito se ospitarle nella nostra camera da letto ( opinione mia), o in quella dei ragazzi ( l' ing).
Vince lui per 1 a 0 e prepariamo la camera, che in effetti è già pronta, trasformata com' è in studio con il divano letto sotto il quale c' è un altro letto, librerie, tavolini, la mia scrivania aerea da dove il computer verrà spostato ( tragedia per me!!! ).
Vado al super la settimana scorsa e faccio una mega-spesa; la visita durerà per quattro giorni;  saremo in quattro per breakfast e cena, il lunch si farà in giro per Milano, verranno i ragazzi e quindi a volte saremo sei o forse otto; quindi compro qualunque cosa.
Il giorno dell' arrivo Vittorio mi telefona dall' ufficio verso mezzogiorno ( dovrebbero arrivare alle sedici ) e mi comunica che alla stazione di Roma alla cugina hanno rubato portafogli,  passaporto, carte di credito e contanti,.
Rimane stupito dalla mia non-reazione; già ero immersa in preparativi per la cena della sera, già ero un po' in ansia per il mio inglese che ha bisogno sempre di qualche giorno per " carburare ", non so ma la cosa mi lascia muta ( e ce ne vuole ).
Reazione di Paolo quando glielo racconto: " Cominciamo bene! " che anche non è fatta per incoraggiare.
Già all' arrivo del treno, prima tappa in questura dell'  ing con le turiste.
La povera derubata, che già di suo si è scoperto non avere un carattere facile, piomba a casa mia arrabbiata nera.
Il tempo passa tra telefonate alle compagnie di taxi di Roma ( vuoi vedere l' abbia dimenticato là) e telefonate ancora più convulse in America per bloccare le carte e chiedere che le venga spedito del contante.
La sera si cena,  due chiacchiere, poi a letto. La mattina dopo, breakfast, poi l' ing e le due vanno in questura e al consolato. Là devono farle un nuovo passaporto; scatta le foto, non le piacciono, le impediscono di rifarle, urla contro i suoi connazionali che l' hanno anche tenuta in attesa per quasi due ore, poi l' ing le porta al Duomo, in galleria.
Tornano e la situazione sembra essersi calmata; la seconda sera siamo invitati a cena da mio cognato dove ci raggiungeranno anche Paolo e Valentina.
Stefano, Gloria e la piccola Virginia, tra lavoro, asilo nido e spostamenti vari non sono venuti .
Sotto casa di mio cognato l' ing ci lascia e va a parcheggiare; noi attraversiamo un primo cortile per entrare poi nell' atrio della casa.
La cugina americana ha un collare perchè alcune settimane fa l' hanno operata a tre vertebre e deve portarlo per precauzione; stiamo per entrare quando alle nostre spalle sentiamo che Vittorio ha parcheggiato e sta per suonare il citofono.
La cugina settantenne, con un balzo da pantera corre ad aprirgli, non vede uno scalino, cade e batte violentemente la faccia contro il cancello di ferro.
Urla: " Oh my God, oh my God ", Vittorio grida di chiamare un' ambulanza; lei si gira e vedo una maschera di sangue e altro sangue che viene giù dal naso.
 Un amico di fb mi aveva scritto scherzosamente di non fare come in" Arsenico e vecchi merletti"; che dire, la poverina sta pensando da sola ad auto- eliminarsi!
Chiamiamo l' ambulanza e vengono questi ragazzi gentilissimi del primo soccorso; le misurano la pressione, le tamponano il sangue, ma lei continuando ininterrottamente ed energicamente a parlare, rifiuta di andare in ospedale :" No hospital, no hospital " ripete come una litania.
Ai poveretti non resta che farle firmare una liberatoria, raccomandare a noi di controllarla e poi finalmente possiamo salire e cenare.
La tempra è robusta e se la cava con un bozzo sulla fronte.
Il terzo e quarto giorno, l' ing le scarrozza per ogni dove, io tra  braekfast,  lunch e cene, cerco di ritrovare qualche attimo di pace, ma con la mia cara Delia quando loro non ci sono, rifacciamo letti, sparecchiamo e apparecchiamo tavole, riordiniamo casa.
L' ing prenota anche il treno per Venezia e Firenze ( prossime tappe del viaggio ) e gli alberghi nelle rispettive città:  penso sempre più che sia un angelo travestito da uomo, ha una pazienza infinita!
Ieri sono partite alle sedici;  ultime fotografie, ormai gli occhi della poverina erano tutti neri per la caduta ( in America penseranno che picchiamo gli ospiti ).
Poi Vittorio  le ha accompagnate alla stazione in taxi ed è tornato in stato di grazia, libero una volta tanto da impegni di lavoro e di ospitalità.
A casa abbiamo festeggiato con vino bianco ghiacciato, patatine e noccioline; squillo del telefono: è un nostro amico di Napoli, compagno dalle medie dell' ing che dice che sarà a Milano domenica e verrà a cena ( ma lui è in albergo e poi e di quelli intimissimi che vediamo sempre con gioia).
C' era una canzone lunghissima e comica napoletana di Armando Gill che raccontava un' avventura amorosa che si rivela una " bufala " ai danni del protagonista.
Tra una strofa e l' altra, in genere chi la canta si ferma e invita il pubblico a dire :" E allora?".
E allora è finita bene perchè il computer rimane qua in salone sul tavolo sorrentino. Ho detto addio per ora alla mia scrivania aerea , qua come postura sto molto più comoda, non sembro un gufo che scrive e non mi sento le spalle " incriccate" ; in definitiva le giornate " americane " sono state faticose e piene di emozioni, ma sono finite e bene!!!

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page