lunedì 31 ottobre 2011

SANTINO CHIAVERRI


Domani è la festa di Ognissanti; il mio bisnonno milanese si chiamava Santino.
Nel contratto di nozze datato 1882, viene specificato che è un " giovane di studio ".
Probabilmente era di condizione sociale inferiore alla bisnonna Virginia perchè  sempre nel contratto, viene minuziosamente elencata la dote di lei: mobili ( quelli della mia camera da letto ), gioielli, biancheria e viene specificato che tale dote rimarrà in suo possesso anche dopo il matrimonio.
Si amavano molto; andarono ad abitare in via Scaldasole, vicino a Porta Ticinese, " Porta Cicca " per i milanesi. Là nacquero mia nonna Giuseppina e suo fratello Alfredo quello che da piccolo, alle feste diceva. " Grazie, ho già mangiato a casa, ho già bevuto a casa".
Ora è sepolto a S Ambrogio tra i caduti della Grande Guerra.
Nel 1891 da Messina dove si trovava per lavoro, Santino scriveva alla moglie su carta intestata dell' azienda per cui lavorava:
 - Fratelli Bossi -
       Milano
Piazza S. Sepolcro 1
 " Carissima Virginia ( nelle doppie una delle s scende verso il basso ), ho ricevuto or ora la tua carissima lettera. Mi ha fatto il massimo piacere per le notizie confortanti della salute dei bimbi.
Mi domandi se mi ricordo di te? Puoi immaginartelo, mai permanenza a casa è passata senza nubi come stavolta se si eccettui la malattia dei bimbi; dal canto tuo non hai nulla trascurato a rendermi cara la vita presso di te e sovente rimpiango le serate passate al tuo fianco più che non l' abbia mai fatto sinora.
E perciò te ne sono gratissimo e ti bacio di cuore. Baciami assai assai i bambini.
Scrivimi a Catania ( Albergo Centrale ) pel seguito.
Tanti e tanti saluti ed un abbraccio dal tuo
                               Aff. mo Santino
Quando trovammo, tra le carte della nonna,  questa lettera ci riusciva difficile immaginare, in questa nostra epoca di messaggi rapidi e impersonali, di telefonate veloci,  un amore che dopo dieci anni di matrimonio riuscisse a esprimersi con tanta delicatezza.
Nel 1900 la ditta lo mandò ad aprire una filiale a Napoli; mia nonna aveva quindici anni e si diplomò tre anni dopo all' Istituto Magistrale Elena di Savoia.
Andarono ad abitare sulla collina del Vomero in via Morghen; non so la bisnonna come affrontò questo trasloco: si racconta, e l' ho detto altrove,  che chiese al portiere se ci fosse qualcuno che portasse la spesa a casa; questi rispose:" Signo' vene Cacaglia " ( a Napoli si indica così un balbuziente).
La poverina quando venne il garzone lo salutò dicendo: " Buongiorno signor Cacaglia!."
Morirono abbastanza giovani, a poca distanza l' uno dall'altro.
Prima lui: in casa non si è mai detto molto circa questa morte e non so nemmeno se mamma e mia zia sapessero esattamente; qualche volta si è mormorato di un suicidio per dissesti finanziari; gli affari della ditta, forse non andavano bene, ma non sono sicura di niente.
La bisnonna lo seguì poco dopo; un ictus, un malore improvviso, forse il dolore, si muore anche di questo.
Domani è la festa di tutti i santi, vorrei ricordare quest' uomo di cui so poco.
Ci rimane una lettera che testimonia il suo amore espresso con parole tenere e delicate, legate a un tempo che non c' è più.

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