MORTE PROGRAMMATA
La notizia della morte di Lucio Magri, un nome che tanti di noi ricordano, mi ha turbato per le modalità della stessa e le riflessioni a cui sono stata quasi "costretta ".
Io sono credente, ma accetto qualunque tipo di posizione diversa dalla mia come giusta e degna; poi, nelle situazioni, bisogna trovarcisi.
Quando avevo 45 anni, per quasi un mese ho creduto di aspettare un terzo figlio; con lucidità ho pensato che, nonostante la mia fede se avessi saputo di aspettare un figlio non sano, avrei abortito.Ne sono stata certa certa e lo ribadisco ora.
Fortunatamente erano le prime avvisagli della menopausa che dopo qualche anno sarebbe arrivata.
Quando, alcuni mesi fa, ho saputo che Mario Monicelli, sapendo di avere un cancro, era salito sul balcone e aveva deciso di farla finita, prima del degrado fisico, del dolore, dell' umiliazione di dover dipendere da altri per le più elementari necessità, l' ho capito perfettamente.
Aveva vissuto una vita piena e intensa, voleva finirla nel modo e nei tempi decisi da lui.
Il caso Englaro lo cito solo perchè su quello si è speculato da ogni parte; ci venivano mostrate immagini di una ragazza bella e piena di vita, quando chi l' ha vista sa che la realtà era molto diversa.
E comunque non discuto le scelte.
La letteratura e la storia sono piene di suicidi: per amore, per ideali politici, per " male di vivere".
Quando il medico ci disse che per papà, che soffriva da due anni e atrocemente negli ultimi otto mesi, non c'era più niente da fare, io gli chiesi ( eravamo nel 1975 ) se non c'era un modo per abbreviargli il tempo del dolore.
Mi guardò duramente e mi disse che i medici giurano di salvare le vite; balbettai qualcosa in risposta, odiandolo e pregai intensamente, ogni istante, perchè papà morisse al più presto.
Oggi la notizia mi ha turbato per due ragioni: in che modo la depressione sia paragonabile a una malattia fisica e entro quali limiti, in questo caso sia ( mi verrebbe da dire giusto, ma dico opportuno) ricorrere all' aiuto legale di un medico, pensandoci, rinviando, ripensandoci, decidendo, organizzando la propria morte e i propri funerali.
Per quanto riguarda il primo problema, credo proprio di sì; io qualche volta ho brevi periodi di lievissima depressione e penso che sia terribile soffrirne in modo serio e prolungato.
Ci si sente come in una bolla d' aria, non si ha voglia di far niente, di vedere nessuno, non ci sono motivazioni e spinte di alcun tipo.
Se ne esce ( e le mie non sono vere e proprie depressioni quanto periodi negativi senza motivo) da soli, perchè nessun aiuto serve quando nessun aiuto vuoi, solo restare solo con il tuo " non essere".
E' il " male di vivere" e capisco che, soffrendone per anni, si arrivi a un punto di non ritorno.
Quanto poi al farlo in modo ufficiale e " assistito", su questo non so proprio pronunciarmi e tanto meno giudicare.
Si dibatte da secoli se il suicidio sia un atto di coraggio o di vigliaccheria: non so rispondere nemmeno a questo.
L' antichità in proposito ci offre episodi esemplari di persone " condannate al suicidio ".
Ricordiamo Socrate che aspettava con i discepoli che la cicuta gli irrigidisse le membra e raccomandava di offrire un gallo a Esculapio; Petronio che si tagliò le vene, poi le bendò e, chiacchierando serenamente con gli amici avvicinava e ritardava il momento della fine, allentando e stringendo le bende.
Indipendentemente da qualunque credo religioso, stasera mi è venuto da pensare, e me ne sono subito pentita, quasi fosse un giudicare e non voglio, a tutti i bambini malati che sono in ospedale e lottano per un briciolo di vita, a quelli che muoiono per fame, a quelli che muoiono per guerre non volute e decise da loro, ai migranti che su barche affollate vanno incontro alla morte cercando una vita migliore.
Ripeto, è stato un pensiero subito ricacciato dalla mia esigenza di rispettare " ogni " libertà individuale circa la propria vita e la propria morte.
Vorrei tanto risposte, ma non venite a dirmi cose del genere:" la vita non ci appartiene, ci viene data da Dio e solo lui può toglierla".
Ci credo anche io ma bisogna " esserci dentro " per capire; è questo in fondo il mistero della vita, per quante sono, ognuna è diversa dall' altra.