giovedì 26 gennaio 2012

PER NON DIMENTICARE


Domani è la giornata della memoria; quando insegnavo, dedicavo questo giorno alla visione, nell' ambito del progetto Cineforum, di un documentario. Si intitola " Memoria di Auschwitz ", è stato girato nel 1992 con persone sopravvissute a quel campo di sterminio; è una produzione Rai; da allora forse è stato proiettato in tv una o due volte.
Lo facevamo vedere a tutte le terze e ha sempre avuto sui ragazzi un impatto emozionale fortissimo, maggiore anche di "Schinler's List" che peraltro uscì anni dopo.
Era bellissimo, i protagonoisti erano testimoni veri di quelle atrocità, provenienti d ogni parte d' Italia; le storie erano raccontate in parallelo. Si cominciava dal racconto delle loro vite di bambini a Venezia, Milano, Firenze, Roma, poi c' era il ricordo delle leggi razziali, l' abbandono forzato della scuola, il giorno dell' arresto ( particolarmente drammatico è il resoconto dell' attacco al ghetto di Roma), le partenze e il viaggio drammatico nei treni stipati, l' arrivo, reale, nel documentario, ad Auschwitz nella neve, la separazione di uomini donne e bambini in tre gruppi diversi.
Alcuni di loro ricordavano l' ultimo sguardo lanciato al padre o alla mamma, ripensavano al fatto che quello sguardo era stato il loro addio.
Poi le storie della prigionia e il dramma di molti di loro che, in occasione del documentario, vi ritornavano per la prima volta.
Alcuni ne hanno fatto un impegno di vita come Edo Fiano e Liliana Segre che accompagnano ancora oggi scolaresche in quel luogo.
La seconda partecipa sempre, e lo farà domani, alla cerimonia presso la stazione di Milano che ricorda la partenza del treno che li portò via.
Nel documentario la Segre ricorda il padre, gli ultimi giorni passati con lui, il senso di impotenza che avvertiva in lui nel non poterla difendere in nessun modo. Prima di arrivare alla stazione il camion che li portava passò per Corso Magenta e lei vide la sua casa; le altre finestre erano tutte chiuse; nessuno si affacciò quel giorno, la gente era chiusa in casa nel silenzio e nella vergogna.
Una signora, rivedendo la baracca dove rimase in quei mesi dice che in 50 anni non c'è notte in cui non l' abbia sognata. A lei è toccato un destino amaro perchè dopo la guerra ha sposato un ex fascista che le ha impedito, durante tutti gli anni del matrimonio, di dire che era ebrea. Solo alla morte del marito lo ha potuto confessare al figlio e a tutti.
Sono passati venti anni da quando questo documentario è stato girato; sono pochissimi i protagonisti ancora vivi.
Da qualche anno è morta Settimia Spizzichino a cui a Roma è stata intitolata una scuola. Nel documentario racconta di una mamma e una figlia che erano sempre insieme e della mattina terribile in cui una di loro non si svegliò più.
Racconta anche di essersi salvata perchè, dopo alcuni mesi, fu mandata nel reparto dove facevano esperimenti medici. Appena arrivata nella baracca, a fatica si alzò e si avvicinò ad un lavabo su cui c' era uno specchio: non riconobbe se stessa nella creatura spettrale che vide.
Un vecchio si salvò perchè fu adibito a spalare con delle carriole quello che rimaneva dopo che un gruppo era stato mandato nelle camere a gas: un giorno arrivò con altri un suo cugino che lo supplicò di fare qualcosa per lui; non poteva, gli diede solo da mangiare qualcosa che aveva messo da parte e, dopo la sua morte pregò per lui in una sorta di cerimonia funebre.
Un altro raccontava che, quando venivano portati a marciare, una volta al mese, erano costretti a passare davanti alle camere a gas. Ogni volta avevano il terrore che non sarebbero tornati più indietro.
Il documentario si chiude con due testimonianze parallele; la prima, di una donna che ha deciso di vivere a Israele che sostiene che alla fine, si sente una vincitrice, e l' altra di una signora morta pochi mesi fa e che all' epoca del documentario era ancora abbastanza giovane, che conclude dicendo che non c'è stato giorno della sua vita in cui non ha maledetto il fatto di essere rimasta viva.
Quest' ultima, poi ha aperto, negli ultimi anni della sua vita, una piccola fabbrica di cioccolatini quasi che la dolcezza di questi potesse, in qualche modo, lenire l' atrocità dei ricordi.
Altri, come Primo Levi, non ci sono riusciti.
Credo che dei tanti protagonisti di quel documentario pochissimi siano ancora vivi; auguriamoci che la memoria si conservi sempre in modo da non dimenticare mai.
Voglio concludere con dei versi che oggi ho messo sul mio stato; sono tratti da una poesia di Paul Celan che si intitola: " Fuga dalla morte " dove la parola " fuga" è intesa in senso musicale
" ...lui grida vangate più a fondo e voi cantate e suonate...brillano le stelle e fischia ai suoi mastini...salirete come fumo nell' aria e avrete una tomba nelle nubi, non si giace stretti lassù " .

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