lunedì 1 aprile 2013

PASQUETTA E L' OCA GIACOMINA


A Pasquetta si " doveva " andare in gita così come la notte di Capodanno si " doveva " tirare l' alba; a Pasquetta si mangiava anche il sartù di riso.
Per molti anni andammo a Cusano Mutri; un ragazzo aveva una casa là e organizzava una caccia al tesoro.
Un anno mia sorella o io ( non ricordo chi delle due) vinse un' oca come premio.
Un' oca vera e viva che portammo con noi a Napoli meditando cose strane come metterle un guinzaglio e portarla a passeggio a Via dei Mille.

La chiamammo Giacomina e, per qualche tempo la tenemmo sulla terrazza di casa.
Poi la nostra domestica " storica " Maria Gambino ( che come Pietro Taricone viene sempre citata con nome e cognome), decise di portarla al suo paese: Fontanarosa in provincia di Avellino.
Credo che fu mia madre a convincerla: non amava tenere in casa animali in genere, da cortile poi...
Tentammo inizialmente di opporci alla separazione ma con scarso successo e, credo, senza troppa insistenza.
Per qualche tempo Maria quando, raramente andava a casa, ci portava notizie di Giacomina.
Un giorno a casa nostra arrivò a tavola un piatto " imprecisato" ; non era pollo, non era capretto e nemmeno coniglio.
E' vero che la mia nonna milanese mangiava ( ma lei sola ) rane e cacciagione eppure...
Nessuno dei nostri seppe mantenere il segreto e prima di assaggiare un solo boccone scoprimmo che avremmo mangiato la " nostra Giacomina".
Era successo che al paese avevano scoperto trattarsi di " oca maschio" quindi improduttiva.
Una bocca in più, insomma.
Maria Gambino, fedele nei secoli come i carabinieri, l' aveva soppressa, spennata e portata a casa nostra dove era stata cucinata.
Mia sorella e io piangevamo come fontane e ci dicevamo a vicenda che sarebbe stato come mangiare una di noi.
Con dignità ci alzammo e abbandonammo la tavola.
I nostri genitori, la nonna e Maria Gambino i " senza cuore" mangiarono l' oca Giacomina.
 

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