lunedì 31 marzo 2014

LA NAPOLI DI PEPPE BARRA E' GRANDE COME IL MONDO

Oggi il Corriere riporta, in un bell' articolo di Paolo Isotta, la notizia che a Peppe Barra è stata consegnata la laurea ad honorem in letteratura, scrittura e critica teatrale dall' Università Federico II di Napoli.
Ha tenuto una lectio magistralis costituita dal racconto della favola di Amore e Psiche di Apuleio, dalla recitazione della novella " ' A vecchia scurtecata " dal " Pentamerone " di Giovan Battista Basile e dall'interpretazione di alcune canzoni classiche napoletane; il tutto in meno di due ore.

Peppe Barra è figlio d arte. di quelli che a quattro anni già calcavano le tavole del palcoscenico.
Sua madre Concetta, grande attrice, gli ha trasmesso la cultura procidana e insieme hanno formato una straordinaria coppia..
Divenne famoso quando con Roberto De Simone costituì la Nuova Compagnia di Canto Popolare che li portò, con i loro compagni, alla ricerca e rinascita di pezzi medievali e anche precristiani.
Li ricordo, agli inizi, nel teatrino " IN " che stava per " Instabile ", in via Martucci; non c' era distanza fisica fra attori e pubblico e durante l' intervallo loro si aggiravano tra noi.
Il capolavoro di Roberto De Simone, interpretato dalla NCCP fu " La gatta cenerentola" nella quale Peppe Barra interpretava magistralmente la matrigna cattiva.
Lo rivedo spesso in spettacoli sia d' estate a Vico che a Milano.
Ancora adesso porta in giro con grande successo la " Cantata dei pastori " sacra rappresentazione natalizia di fine Seicento.
Mio zio, il maggiore dei fratelli di papà, mi raccontava che veniva recitata agli angoli delle strade da attori ambulanti per il popolo.
Io l' ho vista agli inizi degli anni '70 interpretata dalla NCCP ed è un racconto della Natività, un misto di sacro e profano, con i personaggi caratteristici del presepe napoletano.
E' bellissima e comica; l' articolo dice che dall' anno prossimo verrà riproposta come tanti anni fa al Teatro Sannazzaro di Napoli.
Io l' ho vista allo Strehler e la gente rideva a crepapelle.
Auguri a Peppe Barra attore grande, schivo, universale pur nell' aderenza alla sua cultura napoletana.

domenica 30 marzo 2014

ORA LEGALE

Quando io sono nata c' era l' ora legale che, periodicamente è stata usata in tempi diversi.
Ma la prima ora legale di cui ho memoria è quella del '66 quando tornò in maniera stabile anche se allora iniziava a maggio.
Eravamo al primo anno di Università e io e la mia amica Anna passammo la prima sera a passeggiare in Villa Comunale e via Caracciolo assaporando in maniera " esagerata " quell' ora di luce in più.
A Milano mi piace molto in estate, quella che io chiamo " luce bianca" quando il sole non si vede più, ma è ancora giorno.
Quando è sereno sono dei momenti bellissimi che verso il solstizio di giugno fanno sì che sia chiaro fino quasi alle dieci.
Quando da Milano vado a Vico rimango sempre stupita da quella mezz' ora di anticipo in cui scende il crepuscolo.
Al Sud e nei posti di mare in genere non c'è " luce bianca".
Il sole tramonta e di botto viene notte e il cielo da rosa si fa viola e scuro.
Quando ero più giovane m stupiva che a mia zia non piacesse l' ora legale; ora la capisco.
Non che la rifiuti " tiut court ", ma amo anche l' inverno e quando fa notte presto e " chiudo il buio fuori " e accendo lampade in giro e la casa mi sembra calda e protetta.
Deve trattarsi di cambiamenti di carattere o di " diversa gioventù".
Comunque benvenuta ora legale e buona estate!

martedì 25 marzo 2014


lunedì 24 marzo 2014

PARLIAMO ANCORA DI TELEVISIONE

Un illustre teologo e studioso disse, durante una conferenza, che la televisione non è in sè un male.
Anzi, usata nel modo giusto fornisce informazioni, permette di vedere spettacoli e film interessanti.
Poi c'è la televisione " spazzatura ".
Io rispetto tutte le opinioni, ma non amo quelli che affermano di non vederla.
Io la vedo spesso e cerco di scegliere, non solo, ma mi sforzo di " guardare" quindi di saper giudicare e anche criticare.
Ieri ho assistito a un bellissimo concerto di Daniel Barenboim dalla Albert Hall su canale 130 e, subito dopo, mentre aspettavamo che iniziasse Napoli-Fiorentina, ho visto il " peggio " che il mezzo possa offrire.
Su un canale c' era Mara Venier che intervistava la vedova del cantante Claudio Villa la quale si difendeva dagli attacchi che la figlia naturale del defunto le aveva mosso, a febbraio, intervenendo alla trasmissione " concorrente", quella di Barbara D' Urso.
Dall' altra parte, su Canale 5, la figlia naturale, Manuela Villa, assisteva all' altra trasmissione e commentava in diretta, a colpi di insulto.
Come dire " hanno raschiato il fondo del barile".
Eppure, grazie alla televisione, solo l' altro ieri abbiamo assistito all' ingresso di papa Francesco che teneva per mano don Ciotti nella chiesa dove si commemoravano le vittime di mafia.
Non è colpa del mezzo, ma di chi lo usa e come!

LA CATALOGAZIONE

Negli ultimi giorni sono poco presente su fb.
Vivo catalogando libri, di notte ho gli incubi e sogno di catalogare libri.
Di pomeriggio spesso decido di " prendermelo libero" e invece penso che ci sono ancora scaffali da vuotare, libri da scartare, moltissimi da segnare qua minuziosamente e allora decido di andare avanti.
Sono a quasi 1100 testi e credo di avere ancora tre o quattro scaffali da rivedere.
Discuto spesso con Vittorio, io perchè in questo mio sforzo vorrei sentirmi gratificata e compresa, lui perchè ha, a volte da ridire sui troppi libri che conservo.

In compenso lui ha giudicato " indegno" gettare via un numero impressionante di guide di tutte le città del mondo e libri di economia che forse non hanno più valore e libri di musica che sono la sua passione e anche cd o quei cofanetti-regalo con libro e dvd che occupano una quantità di spazio.
Io ho conservato almeno tre edizioni di tre diversi secoli ( partendo dall' 800) de " I Promessi sposi", due o tre edizioni diverse de " La trilogia del ritorno", libri di fiabe e poesie, romanzi d' amore della Sperling & Kupfer che ora non si trovano più nei negozi e che ogni tanto rileggo.
Un mistero avvolge il mio prediletto " Canto di Natale " di Dickens.
Spesso, prima che imparassi a fare il " copia e incolla" quindi alcuni anni fa, ricordo di averne viste diverse copie ( anche perchè lo facevo leggere a scuola e me ne avanzava uno all' anno) e quindi andavo a prenderlo per rileggerne brani.
Ho ritrovato tutto Dickens, romanzi e anche gli altri Christmas books e quello non salta ancora fuori, almeno nel' edizione che ricordavo.
Allora ne ho conservato uno che avevo già scartato così sono sicura di averlo.
I figli hanno lasciato a casa una quantità di libri ( incluse le tesi ) e molti li ho eliminati.
Ho notato che più vado avanti nel lavoro e più sono riluttante a separarmi da libri anche inutili.
A ognuno è legato un ricordo, uno o molti momenti della vita.
Il lavoro in genere lo porto avanti da sola, Delia mi aiuta nello spolverare e a volte nel rimettere a posto, ma quasi sempre faccio tutto io.
Il fine settimana è " drammatico " come ho già detto per via delle divergenze tra me e Vittorio circa i libri da tenere o meno.
Ora è bello da vedere; non ci sono più libri sparsi qua e là sui tavolini in sala e sui comodini, ogni testo è al suo posto e facilmente rintracciabile.
Un solo dubbio mi resta e si scioglierà alla fine di tutto, in settimana: ci sarà spazio, dopo, per comprare qualche altro libro o tutto sarà in ordine, ma contemporaneamente ogni " buco" delle librerie sarà riempito?
E allora tutto ricomincerà, come spesso capita!

A PROPOSITO DI CULTURA



Su Rai 1 va in onda in orario preserale, un quiz " L' Eredità" che dovrebbe basarsi sulla conoscenza della lingua italiana.
Ieri sera il conduttore Carlo Conti, evidentemente più noto per abbronzatura checultura, ha chiesto, ripetendolo più volte e senza che nè vallette nè concorrenti o che so, un autore o un regista da dietro le quinte lo correggessero, quale fosse la poesia che termina con il verso "...sulla deserta " coltrìce" accanto a lui posò".
" Còltrice", come tutti o quasi abbiamo studiato, non gli evocava niente; chissà invece " coltrìce" cosa gli richiamava alla mente: forse nutrice, forse matrice.
Non lo sapremo mai!
Dove ci troviamo?
Ma in Italia la nostra patria dove, come si sa, si parla italiano!!!
Sere fa tra le date in esame c' era il 1937 e si parlava di " colonie italiane".
Ebbene i concorrenti indicarono tutte le altre date, tranne quella giusta!

martedì 18 marzo 2014

MIA NONNA GIUSEPPINA


Era milanese, nata nel 1885 a via Scaldasole in Porta Ticinese.
Nel 1900 con la famiglia si trasferì a Napoli dove conobbe il nonno, lucano, che la sposò con grande passione, le diede due figlie e morì, tenente medico degli alpini a 28 anni il 13 luglio del 1916.
La lasciò benestante e tutrice delle figlie " a patto che non contraesse nuovo matrimonio".
Lei, che lo amava molto, non ci pensò nemmeno, rispolverò il suo diploma di maestra e insegnò per tutta la vita.
Io ho il ricordo di lei già anziana ( almeno a me sembrava tale), bellissima, alta e magra, dal carattere formidabile.
Era di quelle persone che, per farsi rispettare, non hanno nemmeno bisogno di alzare la voce.
Quando io ebbi 13 anni, noi lasciammo la casa di Fuorigrotta e, con lei andammo ad abitare di nuovo al Corso Vittorio Emanuele dove lei era sempre rimasta.
Raccontava poco del passato, viveva intensamente la vita scolastica e quella familiare, ma rimase milanese fino al profondo, per sempre.
Non riceveva volentieri, era molto legata a mio padre con cui abitò sempre in grande armonia, ma accettava malvolentieri l' andirivieni di amici che c' era a casa nostra.
Lei era vissuta con le due figlie e poi con una domestica tra libri, chiesa e poche, pochissime frequentazioni.
Per amore di mio padre, suo genero, veniva in salotto, ma non sempre quando avevamo visite.
Più spesso rimaneva in camera sua, sulla sedia a dondolo.
Io le facevo spesso compagnia e, durante un mese in cui vide poco perchè doveva operarsi di cataratta, lessi per lei.
Leggeva romanzi di Liala, i " Gialli Mondadori ", ma cancellava con la penna rossa le parolacce.
I suoi giornali preferiti erano " Novella", " Annabella", " Confidenze".
Grazie a lei conobbi Brunella Gasperini grande scrittrice poco apprezzata rispetto al suo valore.
Sulle riviste dell' epoca apparivano i primi articoli sul sesso; incurante del fatto che i nostri genitori ci crescevano con grande libertà, incollava le pagine " scabrose" perchè non le leggessimo.
In camera sua c' era sempre un leggero odore di colonia.
Anche da anziana era alta e dritta: si pettinava con i capelli lunghi rialzati e usava i " postiches" per dare armonia alla capigliatura che così era leggermente rigonfia sulla fronte e ai lati.
Era elegante in modo naturale, dispotica anche senza parere.
Sempre bevve un bicchiere di vino a pranzo e una birra a cena.
Mangiava rane ( cosa a Napoli insolita) e andava a via Roma dove anni e anni fa c' era l' unico negozio a Napoli che avesse patè o tartine con gelatina, roba milanese insomma.
Andava in vacanza ad Agerola, in pensione e passeggiava per i boschi.
Quando durante l' estate andavamo a trovarla io in pullman vomitavo sempre.
Non so se l' odio per la montagna mi derivi da questo.
Ci scriveva cartoline postali con la grafia ferma, leggermente inclinata ed elegante come usava una volta.
Mia mamma e mia zia, sue figlie, fino a sessant' anni e oltre nascondevano la sigaretta in sua presenza.
Avevamo in quei tempi una domestica tale Rosa Cammarota che non andava a Messa.
La domenica, mentre cucinava, la nonna le declamava ad alta voce il Vangelo del giorno e lei, sottovoce diceva a mamma:" Signò che pacienza ce vò".
Quando fu troppo anziana per andare in vacanza da sola pretese di rimanere sola a Napoli e dormiva con un ombrello vicino al letto ( per eventuali ladri).
Poi papà la convinse a venire a Vico con noi.
Il pomeriggio io andavo a riposare in camera sua e tra il profumo di lavanda e il dondolio della poltrona, mi assopivo.
Era madrina di mia sorella a cui fu dato il suo nome.
Quando la nipote superava brillantemente un esame all' Università la chiamava in camera sua; mia sorella sperava in un regalo, ma riceveva un' immaginetta di S. Gaspare del Bufalo che, pare, fosse protettore degli studenti.
Eppure aveva degli improvvisi guizzi di umorismo.
Di mattina usciva dalla sua camera in vestaglia, con le gambe ancora belle e sottili che uscivano fuori e i capelli sciolti.
Sembrava una ragazzina e rideva quando mio padre scherzosamente glielo faceva notare.
Non concepiva il matrimonio ( credo per i 60 e passa anni di vedovanza che gliene avevano fatto dimenticare qualunque logica).
Quando le figlie decisero di sposarsi ribattè a ciascuna che non capiva cosa venisse loro in mente.
Quando conobbe Vittorio disse che, con quella barba, sembrava un brigante, ma gli volle bene tanto da venire in salotto quando i miei suoceri erano in visita.
Al matrimonio di mia sorella non venne perchè non sposava il suo fidanzato " storico" cosa che non le perdonò mai.
Quindici giorni prima del mio matrimonio che era tre mesi dopo quello di mia sorella, si spense tranquillamente di notte nel sonno, a Vico.
Aveva 91 anni, lucida fino alla fine.
Ci sono sue fotografie appena vedova vestita di nero con le bambine tutte in bianco con fusciacche nere in vita e la tata.
Altre fotografie da anziana sono sempre a S. Giuseppe quando tutti insieme andavamo a Pompei: Messa e poi pranzo al ristorante.
Fu una donna granitica; rimosse Milano da ogni ricordo almeno esplicito, pur rimanendo milanese.
Quando Vittorio e io venimmo qua da fidanzati per un viaggio non aveva piacere che andassimo a " riacchiappare" memorie di luoghi in cui era stata.
Il ricordo più vivido che ho di lei oltre al profumo è la velocità con cui saliva fino a cinque piani anche molto anziana e a come si arrabbiò quando, a 70 anni, per legge, dovette lasciare la scuola.
Commentò:" Ci spediscono a casa ancora giovani !"
Erano altri tempi.

domenica 16 marzo 2014

LA FOTO DI TIMES SQUARE

È morto a 86 anni, colpito da un infarto in un casinò del Texas, l'ex marinaio protagonista di una foto che fece epoca. Quella in cui stava baciando una infermiera a Times Square di New York, durante i festeggiamenti per la fine della seconda guerra mondiale.
Si chiamava Glenn McDiffie. 
La sua foto scattata da Alfred Eisenstaedt e pubblicata sulla rivista Life, avvinto in un bacio appassionato, è diventata subito l'icona della gioia di un Paese intero uscito finalmente fuori dall'incubo del conflitto.
La rivista però non ha mai verificato l'identità reale dei due protagonisti della celebre immagine, in cui del resto, nella foga del bacio, i visi appaiono parzialmente coperti.
Così in tanti, nel corso degli anni, hanno detto di essere loro i veri protagonisti immortalati dal bacio tra i più famosi della fotografia mondiale. Tanto che ne nacque un caso con una serie di ricorsi da parte di decine di pretendenti.
Tuttavia, una nota specialista di arte forense, Lois Gibson, nel 2007 disse la parola fine al dilemma, dando ragione a Glenn.
Del resto, questo ex marine, in tutta la sua vita, non ha mai ceduto di un centimetro, arrivando anche a raccontare, nel corso degli anni, come nacque quella foto, scattata nel lontano 14 agosto 1945.
«Mi trovavo a New York. Stavo scendendo da una metro a un'altra, quando ho saputo della resa del Giappone. Ero così felice che uscii dalla stazione in cui mi trovavo e corsi per strada. Lì», ha raccontato l'ex marinaio, «vidi una infermiera. I nostri sguardi s'incrociarono felici. Lei mi fece un grandissimo sorriso e mi lanciai subito per abbracciarla e baciarla, senza dire una parola. Poi presi la metro e tornai a Brooklyn».
Quel giorno, Glenn era particolarmente felice perché sapeva che con la fine della guerra avrebbe potuto riabbracciare il fratello maggiore, all'epoca prigioniero di guerra in Giappone.
Nato a Kannapolis, North Carolina, nel 1927, aveva appena 15 anni quando falsificò le carte pur di arruolarsi in Marina. Tornato dalla guerra, si sposò tre volte ed ebbe tre figli. Sopravvisse a un tumore al polmone, prima dell'infarto che lo ha stroncato mentre giocava al casinò.
Credo che, da questa foto sia tratta la statua " Il bacio " che abbiamo visto tante volte nelle foto di Alina Bartolini e che si trova a Civitavecchia.

sabato 15 marzo 2014

LA DOMENICA A NAPOLI ( COME LA RICORDO IO )

Nella Napoli che ricordo io ( di me ragazza) il ricordo della domenica è caratterizzato da due elementi: un profumo di cibo che c' era nei condomini anche eleganti e la " guantiera " di paste come in italiano improprio viene chiamato il vassoio pieno di dolci.
A Napoli tutto avviene più tardi come orario rispetto al Nord: l' ultima Messa del mattino comincia alle tredici, si pranza al più presto alle quattordici e poi si riposa.

Il profumo di " cibi domenicali" sui quali prevaleva quello del ragù, rigorosamente messo a " pippiare" per ore, pervadeva le scale quando si tornava dalla Messa con la " guantiera" colma di dolci per pranzare a casa propria o dai suoceri.
I dolci napoletani sono grandi, quelli del Nord sono piccoli, quelli che giù vengono definiti " pasticceria mignon".
Ci sono i babà, le famose sfogliatelle ricce o frolle, le zuppette ( piacciono a pochi, ma chi le preferisce non ne fa a meno), i pasticcini di crema e fragole quando è stagione, le cassate, le " prussiane" che sono un dolce semplice di pasta sfoglia, gli choux ( bignè alla crema o al cioccolato) e via dicendo.
A casa dei miei suoceri si faceva il conto di tre paste a testa.
Nei primi anni di Milano quando vedevo l' esiguità dei pacchetti di dolci che si usava portare per pranzo ero sbalordita poi mi sono abituata, ora, forse non sarei capace nemmeno di " affrontare" un' intera " guantiera " di paste napoletane anche se il ricordo è vivo e dolce.
Passano gli anni e cambiano le abitudini, ma se chiudi gli occhi e pensi a un profumo, un sapore, un gusto, ecco che il tempo si annulla e sei ancora là!

martedì 11 marzo 2014

COME VIVIAMO

E' un periodo difficile per noi e per il nostro paese.
Viviamo tra la rabbia e il sospetto, tra notizie di giornali che ci raccontano di massacri che avvengono in famiglie insospettabili e il desiderio di aiutare chi realmente ne ha bisogno.
Ho scelto questa foto bellissima di Gennaro Esposito per non usare una porta chiusa che simboleggerebbe meglio il nostro stato d' animo del momento.
A casa mia i ladri sono venuti tre volte, ma il clima non era quello che c'è adesso.
Siamo isolati dall' esterno da cancelli, giardini, chiavi e citofoni eppure viviamo in un clima di sospetto.
Circa un mese fa, una sera di sabato, un tizio ha suonato al nostro citofono e ha pregato mio marito di scendere; diceva di aver avuto un incidente, che sanguinava, che aveva bisogno di soldi, che era disposto a mostrare carta di identità e documenti.
Vittorio con gentilezza si è scusato, ma ha detto che vi viviamo in tempi nei quali non è possibile fidarsi e non gli avrebbe aperto il cancello.
Ieri sera, nell' ora in cui di solito torna mia marito, io ero in bagno e il campanello della porta ha cominciato a suonare ripetutamente con squilli brevi e insistenti come fa uno di famiglia.
Chiunque non conoscesse Vittorio come lo conosco io avrebbe aperto.
Io so che apre con le chiavi, so che se le avesse perse o dimenticate suonerebbe una volta sola e mai con insistenza.
Quindi sono andata alla porta, ho guardato attraverso lo spioncino: era uno sconosciuto che si è qualificato come uno di una tale società di cui non ricordo il nome e che veniva per comunicazioni.
Ho risposto che non aspettavo nessuno e non ho aperto.
E' andato via senza sapere noi chi fossimo ( non abbiamo targhetta fuori alla porta) nè ha suonato ai vicini; certo qualcuno dei condomini doveva aver aperto il cancello al suono del citofono se era riuscito ad arrivare alla nostra porta.
Non viviamo un bel momento: da una parte diffidenza e dall' altra pietà e comprensione per quanta povertà e incertezza e paura sono intorno a noi e possono anche spingere la gente a compiere gesti inconsulti.

lunedì 10 marzo 2014

FRATELLI

Anche Riccardo sta crescendo e mentre Virginia sta diventando una signorinella, la mamma ha vestito lui da giovanotto con giacca e pantaloni.
E' un allegrone, ride e scherza, gioca con la sorella, ha un rapporto aperto e solare nei confronti degli altri.
Sembra ieri che non c' erano e ora già sono insieme e interagiscono.
Che bello essere in due e poter avere qualcuno con cui a volte si litiga, ma che in certi momenti della vita è l' unica persona con la quale puoi condividere ricordi, sentimenti e sensazioni perchè sai che prova tutto nello stesso modo in cui lo provi tu.
E' bello avere una sorella o un fratello.

sabato 8 marzo 2014

IL CARNEVALE DI VIRGINIA

A Milano, si sa , il Carnevale dura qualche giorno in più.
Ieri Virginia ha vissuto il suo primo " vero " Carnevale da bambina grande.
Venerdì c'è stata la festa a scuola, ieri sono venuti da noi a ora di pranzo, lei ha indossato il suo splendido vestito di Biancaneve e con i genitori e il piccolo Riccardo sono andati al Duomo dove si riunivano tutte le mascherine.
Tempi postmoderni: mio figlio le diceva:" Che bello, Virginia, prendi per la prima volta il tram!" perchè avrebbero lasciato la macchina qua!
Quando sono tornati lei era felicissima; tante persone l' avevano fermata per ammirare lei e il suo bel vestito, poi hanno camminato tanto tra la folla, sono andati a comprare il gelato e ( come capitava ai miei a quell' età) si è tutta impiastricciata.
Qua ha giocato a suonare con il nonno, come sempre, e a computer.
E' stato proprio un bel pomeriggio anche per noi.

IL " MIO "CARNEVALE E LA NEVICATA DEL '56

Personalmente non ho mai amato molto il Carnevale.
Nei miei ricordi, viene al secondo posto dopo la malinconia che mi procurava il circo equestre.
Da piccola ero una bambina timidissima ( verso i tredici anni sono diventata la " folle" che rimango tuttora).
Mi fecero, per un Carnevale un vestito da " pacchianella" e ci sono ancora le fotografie con questa mia espressione buffa, con un sorriso che è quasi una smorfia di pianto.
Poi, negli anni, ci furono altre feste.
Ricordo con ilarità il '56.

Erano anni non facili e, spesso le mamme si scambiavano i vestiti dei figli per evitare spese inutili.
A me, per taglia, toccavano i vestiti di un maschio, figlio di un' amica di mamma.
Quindi andammo a questa festa con me vestita da torero.
Di quel giorno ricordo soprattutto la neve, tantissima, che per Napoli era insolita, la " marcia " verso la festa che era ai Gradoni di Chiaia, strada ripidissima, e le " imprecazioni" se così possiamo chiamarle di mamma che scivolava continuamente e nonostante la sua finezza e il suo " aplomb" malediceva, si fa per dire, la giornata, la festa , il clima e il tutto.
Quello fu proprio un Carnevale memorabile e divertente!

giovedì 6 marzo 2014

I MITICI ANNI '60

Le nostre estati di anni e anni fa: lunghe, pigre, familiari, divertenti, coloratissime anche se la foto è in bianco e nero.
La vita si svolgeva secondo ritmi molto meno frenetici di quelli odierni.
Si andava a Vico a giugno, appena chiuse le scuole, le giornate trascorrevano tra bagni, gite in barca, pomeriggi in piazza, al bar o a fare lunghe passeggiate, serate al Circolo dove si ballava sotto gli occhi dei genitori al suono del " mangiadischi".
Questa foto è di più di 50 anni fa. 

Un amico aveva la barca e insieme tutti noi andavamo a fare il bagno alle " spiaggette dei preti" fra Vico e lo Scrajo.
Ci si arrivava anche a piedi, ma in barca ci sentivamo adulti e ci si divertiva di più.
Ecco perchè amo Vico Equense e ci vado ancora dopo tanti anni: gli amici sono gli stessi e lo ripeto spesso che, guardandoci, non ci vediamo invecchiati, ma siamo sempre i ragazzi della " comitiva " di allora.
I nostri genitori erano amici, noi siamo cresciuti insieme e così i nostri figli e, in parte, i nostri nipoti.
I miei meno perchè non vengono tutti gli anni da Milano a Vico, ma a me basta vedere loro, quelli della " comitiva " e quegli anni non sono una memoria lontana, ma qua, dietro l' angolo.