I MIEI SUOCERI
Mia suocera era di famiglia signorile; ebbe una gioventù sfortunata: il padre, dirigente dell' Intendenza di Finanza morì all' improvviso come anche una sorella ancora ragazza.
Lei e la madre rimasero, in tempo di guerra, in gravi ristrettezze, lei mise a frutto il suo diploma di economia domestica, poi poco dopo il fidanzamento con mio suocero si ammalò. Guarì presto, ma sua mamma rimase ad abitare con loro e Vittorio, il primo nato, fu praticamente cresciuto dalla nonna per evitare eccessive fatiche alla madre.
Poi si rimise e io la ricordo energica e combattiva; non aveva un carattere facile e spesso avemmo piccoli scontri; era abbastanza dura con i figli, apparteneva a quella generazione in cui si diceva " I figli si baciano solo quando dormono" e qualche volta mi accusava di essere troppo espansiva con i miei; al tempo stesso si dispiaceva se i suoi lo erano poco con lei.
Era di una grande generosità: a Vico c'è il capo-bagnino che ricorda ancora questa signora che d' estate veniva da Napoli e riempiva lui e i fratelli, poveri, di caramelle e dolciumi.
Sposando mio suocero entrò in una famiglia dalla vita brillante, per nascita e posizione e accettò anche situazioni che oggi le ascrivo a merito: abitò per quasi tutta la vita matrimoniale sullo stesso pianerottolo della famiglia di lui, con un suocero abbastanza dispotico, ebbe sempre affetto e considerazione per tutti loro.
Organizzò, lei, unica nuora, nonostante ci fossero due cognate, una festa memorabile a casa sua per i 50 anni di matrimonio dei suoceri.
Mi accolse con gioia appena fidanzata, anche se spesso aveva battute mordaci.
Quando Vittorio e io decidemmo di sposarci, lui appena laureato e io con vaghe promesse di supplenze, tentò di opporsi: si piegò di fronte alla cocciutaggine del figlio e fu meravigliosa, prima durante e dopo il matrimonio.
Passavamo sempre le festività insieme con le due famiglie riunite, prima alternandoci tra le due case, poi, negli ultimi anni, a casa nostra: eravamo genitori figli, fidanzate, zii e zie, fino a più di venti persone.
Fu una nonna prima stupita ( io prendevo la pillola e non arrivando figli forse pensava che non potessi averne ) poi orgogliosa e sempre all' altezza.
Combattè per dieci anni un' alterna lotta con un tumore al seno, tra periodi buoni e altri meno, dimostrando sempre grande coraggio anche se a volte era depressa.
Quando Vittorio accettò il posto a Milano partì a settembre; io e i bambini lo avremmo raggiunto alla fine dell' anno scolastico; lei mi pregò di non accennare MAI alla nostra partenza, come se non dovesse avvenire.
Morì un mese prima, si spense nel sonno e io ho spesso pensato che si sia lasciata morire per non vivere il momento del distacco definitivo.
Da anni mi aveva chiesto di occuparmi io di tutto, mi aveva indicato il posto dove avrei trovato quello che voleva indossare.
L' ho apprezzata molto nel tempo: il suo senso pratico, la sua saggezza in alcune frasi che ripeteva come: " Chi vuole vada, chi non vuole mandi".
Di mio suocero che posso dire: è stato il mio unico padre per 25 anni, papà morì tre settimane dopo il nostro matrimonio.
Era un uomo colto, mite dalle furie improvvise e brevi; tutti lo temevano in quei momenti, lui che non avrebbe fatto male a una mosca.
Il padre era magistrato e diventò primo presidente di Corte d' Appello, lui si laureò in Economia e Commercio e fece una grande carriera alla Previdenza sociale.
Ebbe, oltre alla moglie, una sola passione: il calcio e, nella fattispecie, il NAPOLI.
Riusciva a creare paralleli tra il calcio e i maggiori eventi familiari: Vittorio fu concepito (pare ) a Torino in viaggio di nozze la notte del disastro di Superga ( io e i figli in quella data gli facciamo sempre gli auguri ) e nacque in occasione di Napoli - Alessandria.
Per Stefano non fummo fortunati: nacque di giovedì, ma ci rifacemmo con Paolo che però, purtroppo capitò con un Sampdoria - Napoli 1- 0.
Aspettò per una vita lo scudetto del Napoli e non riuscì a goderlo perchè la moglie era morta da pochi giorni: lo scudetto di due anni dopo lo abbiamo sempre chiamato" lo scudetto di papà ".
Fu un padre, un suocero e un nonno meraviglioso; d' estate veniva con noi a Vico e insieme a mia mamma a cui era legato da grande affetto e mia zia facevano un trio formidabile; non si riusciva a pensare a loro come ad anziani; erano vivi, colti, si interessavano di politica, si divertivano con noi, i nostri amici e quelli dei ragazzi.
Aveva un gatto che a Napoli girava indisturbato per casa mentre a Vico veniva tenuto chiusi in camera per paura che scappasse: gli faceva fare l' ora d' aria giornaliera, seguendolo passo passo.
Ebbe uno dei primi cellulari: lo teneva sempre in carica, lo prestava a chiunque e il pomeriggio si divertiva, sulla terrazza a Vico a fare telefonate alle sorelle raccontando quello che stavamo facendo.
Le sue frasi e i suoi modi di dire sono rimasti nel nostro lessico, credo che tutti noi lo ricorderemo per sempre.
Morì discretamente e senza dar fastidio da gran signore come sempre aveva vissuto. Era luglio del '99 e dopo pochi giorni, noi da Milano e lui da Napoli saremmo partiti per Vico.
Ci telefonò una sera, dicendo che era un po' stanco, sarebbe andato a riposare. Finì là, fra il telefono e la sua camera da letto, senza accorgersene quasi.
A volte, quando vedo Paolo lavorare a Sky Sport, vorrei che ci fosse: sarebbe felicissimo e lo racconterebbe a tutti; ma sono sicura che da qualche parte c'è e lo sa e sorride con tenerezza e orgoglio.
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