domenica 25 novembre 2012

LA CANTATA DEI PASTORI



La Cantata dei Pastori è un'opera del teatro religioso tardo-seicentesco, in cui viene rappresentata la nascita di Gesù
La prima edizione fu pubblicata da Andrea Perrucci (1651-1706) nel 1698 con il titolo: Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato, usando lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone. 
La trama narra il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e delle insidie che i Diavoli frappongono loro per impedire la nascita di Gesù
La " Cantata" racconta le congiure di Belfagor per scongiurare la nascita del Bambino e quindi tutti i tentativi di uccidere Maria e Giuseppe sventati dall' Arcangelo e da Razzullo, uno scrivano inviato in Palestina per il censimento, comico personaggio di popolano perennemente affamato.
Fu successivamente rivista in numerose riedizioni e, alla fine del ‘700, vi fu introdotto un altro personaggio comico, Sarchiapone, un barbiere in fuga per aver commesso due omicidi.
Col tempo, il tono dell'opera ha virato sempre più verso il comico e il profano, tanto che nel 1889 la sua rappresentazione fu temporaneamente sospesa per poi essere ripresa anche da attori di strada..
Roberto De Simone, l' ha rivisitata, interpretandola con la NCCP negli anni '70 e l' ha arricchita con parti di tradizione viva, canti, interviste a pupari, restituendoci così, in tutta la sua ricchezza, lo spirito dell' opera.
Negli ultimi anni viene portata in giro da Peppe Barra..
 Nella foto Peppe Barra ( Razzullo ) e Gennaro Mauriello ( Sarchiapone ), nella " storica " edizione con Roberto De Simone e la NCCP.


sabato 24 novembre 2012

FOTO DEL RAGAZZO PALESTINESE E DI QUELLO ISRAELIANO

E’ la foto di un ragazzo palestinese e uno israeliano abbracciati che sempre più spesso si vede in giro in Rete.
Quella foto sta diventando quasi un simbolo in Rete per chi non accetta la guerra a Gaza e la contrapposizione manichea.
Bella, forse consolatoria, ma bella.
Nella giornata mondiale dell' infanzia è un augurio per tutti !!!
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LA SAGA DEI FORSYTE


La saga dei Forsyte è un ciclo di romanzi, scritti da John Galsworthy e pubblicati tra il 1906 ed il 1921, che dipinge un quadro della tarda società vittoriana fino agli anni del primo dopoguerra, attraverso la famiglia dei Forsyte dalla su
a nascita al suo inesorabile declino.
Grazie ad esso, Galsworthy riceverà il Premio Nobel per la Letteratura nel 1932.
" La saga " si compone di sei romanzi e quattro interludi.
Io l' ho letta a quindici anni e diverse volte nell' arco della vita.
In quinta ginnasio ci feci anche un tema che mise in forte imbarazzo la povera prof. che ignorava sia l' opera che la mia " voracità di lettrice".
Ho voluto postarla nella sua veste originale: due volumi della collana Omnibus, con la traduzione di Elio Vittorini.
Li ho fatti rilegare e li tengo cari perchè oggi sono introvabili.
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IL GIARDINO SEGRETO


Il giardino segreto (titolo originale The Secret Garden) è un romanzo per ragazzi scritto nel 1910 dalla scrittrice anglo-americana Frances Hodgson Burnett.
Il romanzo narra il processo di maturazione di due fanciulli, Mary e Colin, grazie
 alle cure da essi prodigate a un giardino segreto, un giardino circondato da mura il cui ingresso era stato proibito anni prima dopo un grave incidente.
Forse è un libro " per bambine " ma credo che molte di noi lo abbiano amato, letto e riletto.
L' autrice è la stessa de " Il piccolo Lord " e " Sara Crewe reginella prigioniera".
Appartiene, come " Piccole donne " della Alcott e altri del genere a quelli che, una volta, erano definiti " romanzi di formazione", un passaggio obbligato dalla fiaba al romanzo vero e proprio.
La storia della ragazzina scorbutica ma energica che scopre il giardino segreto, se ne prende cura, coinvolge il cugino Colin malato più nell' anima che nel corpo e lo aiuta a guarire guarendo lei stessa e " spalancando " le porte del giardino e delle loro giovani anime alla gioia di vivere è, secondo me, ancora oggi valida e bella.
 

NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE


" Niente di nuovo sul fronte occidentale " (titolo originale Im Westen nichts Neues) è un romanzo autobiografico scritto nel 1929 da Erich Maria Remarque, pseudonimo di Erich Paul Remark, che narra le vicende di un soldato tedesco durante l
a Prima guerra mondiale.
È stato pubblicato in Italia nella collana Classici moderni oscar Arnoldo Mondadori Editore

Facendo leva sugli ideali della patria, onore e orgoglio, gli insegnanti di una scuola tedesca persuadono i propri allievi ad arruolarsi come volontari per difendere la loro patria. Il protagonista Paul Bäumer si arruola insieme ad alcuni suoi compagni di classe. Hanno tutti diciannove anni e sono convinti di vivere una bella avventura. I ragazzi si accorgono con il passare del tempo di come la guerra sia inutile e si chiedono senza avere delle risposte ben precise chi volesse fare la guerra e per quale motivo ma si accorgono anche che giorno dopo giorno l'avventura si trasforma in una tragedia dove i vincoli di sostegno e cameratismo che servivano a superare le atrocità e le difficoltà quotidiane spariscono man mano che muoiono i compagni di Bäumer. Anche quest'ultimo non farà una fine diversa rimanendo ucciso in una tranquilla giornata al finire della guerra, poco prima della capitolazione dell'ormai stremato esercito tedesco.
Il libro è scritto in prima persona sotto forma di diario tranne l' ultima frase che narra la morte del protagonista.

Questo e il brano finale:

<< Mi alzo: sono contento. Vengano i mesi e gli anni, non mi prenderanno più nulla. Sono tanto solo, tanto privo di speranza che posso guardare dinanzi a me senza timore. La vita, che mi ha portato attraverso questi anni, è ancora nelle mie mani e nei miei occhi. Se io abbia saputo dominarla, non so. Ma finché dura, essa si cercherà la sua strada, vi consenta o non vi consenta quell'essere, che nel mio interno dice "io".>>
Egli cadde nell'ottobre 1918, in una giornata così calma e silenziosa su tutto il fronte, che il bollettino del Comando Supremo si limitava a queste parole: "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Era caduto con la testa avanti e giaceva sulla terra, come se dormisse. Quando lo voltarono si vide che non doveva aver sofferto a lungo: il suo volto aveva un'espressione così serena, quasi che fosse contento di finire così.
(Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, 1929)
E' uno dei libri più " potenti" contro ogni tipo di guerra. Era molto amato dagli alunni di ogni generazione.
 

DALLA PARTE DELL' ULTIMO - VITA DEL PRETE LORENZO MILANI

Con questo libro del '94 della scrittrice ormai scomparsa Neera Falaci, sorella di Oriana, per la prima volta l'intera vita di Lorenzo Milani viene percorsa ed espl
orata nelle pieghe più sconosciute. L'autrice non si è limitata a registrare testimonianze, ricordi, opinioni tra coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere da vicino il parroco toscano, ma ha inquadrato gli avvenimenti nel particolare clima sociale e politico in cui si svolsero, aiutando così a far capire meglio la forza profetica delle idee di don Milani.
L' ho scelto perchè è un libro bello e completo.
L' ho scelto perchè, pur essendo io di sinistra, una " certa " cultura di sinistra ha manipolato, usato e distorto il pensiero di don Milani.
Il suo " i care", il suo essere dalla " parte degli ultimi" significava elevare " per tutti " il livello culturale, significava scuola intesa come interesse ma anche come " sforzo e fatica" dell' apprendere.
In suo nome si è assistito, per anni, a un progressivo appiattimento dell' insegnamento nella scuola, specie quella dell' obbligo, alle promozioni generalizzate accompagnate da un insegnamento spesso superficiale e di poco spessore.
Questo libro ci restituisce la figura e l' insegnamento di don Milani in tutto il suo rigore, la sua profondità, le sue lotte.

IL CANE DI TERRACOTTA


Il cane di terracotta è un romanzo di Andrea Camilleri pubblicato nel 1996 dalla casa editrice Sellerio di Palermo. È il secondo romanzo ad avere come protagonista il commissario di polizia siciliano Salvo Montalbano.
Secondo Antonio D' Orrico è il più bello tra i romanzi di Camilleri che hanno per protagonista il commissario, superato solo dallo struggente " Una lama di luce" penultima tra le avventure uscite.
La trama è a più strati e sullo sfondo emerge la storia dei due innamorati sepolti, anni prima, in una caverna con accanto un " mummolo", delle monete e un cane a guardia del loro sonno eterno e del loro amore stroncato da un omicidio.
La scorrevolezza, il dialetto che intriga e i libri che si leggono d' un fiato non ci facciano mai sottovalutare l' ingegno e la profondità di questo autore che, se in età avanzata è " scoppiato " come autore prolifico e " milionario" nel vendere copie, ha alle spalle anni di mestiere come professore alla scuola d' arte drammatica " Silvio D' Amico", come produttore e profondo conoscitore dei meccanismi della televisione.
A lui dobbiamo il Maigret di Gino Cervi, per dirne una.
Suo grande amico fu Luigi Vannucchi, grande attore morto al culmine della sua maturità artistica.
 

IL GATTOPARDO


Il Gattopardo è un romanzo scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958.
L'autore trasse ispirazione da vicende della sua antica famiglia e in particolare dalla vita del suo bisnonno, il Principe Giulio
 Fabrizio Tomasi di Lampedusa, vissuto negli anni cruciali del Risorgimento e noto anche per le sue ricerche astronomiche e per l'osservatorio astronomico da lui realizzato. Per il tema trattato è spesso considerato un romanzo storico, benché non ne soddisfi tutti i canoni.
Scritto tra la fine del 1954 e il 1957, fu presentato all'inizio agli editori Arnoldo Mondadori Editore e Einaudi, che ne rifiutarono la pubblicazione (il testo fu letto da Elio Vittorini che successivamente sembra si fosse rammaricato dell'errore), avvenuta poi dopo la morte dell'autore da Feltrinelli con la prefazione di Giorgio Bassani, che aveva ricevuto il manoscritto da Elena Croce.
Nel 1959 ricevette il Premio Strega divenendo il primo best-seller italiano con oltre 100.000 copie vendute.
Nel 1963 fu ridotto nel film omonimo da Luchino Visconti.
Nel 1967 venne anche tratta un'opera musicale di Angelo Musco, con libretto di Luigi Squarzina.
Il titolo del romanzo ha l'origine nello stemma di famiglia dei Tomasi ed è così commentato nel romanzo stesso: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra.»
Molta critica concorda nel ritenerlo l' ultimo grande romanzo decadente.
Quasi tutti noi facciamo difficoltà a decidere se sia più bello il romanzo o il film e quanto quest' ultimo, la sua ricostruzione accurata quasi maniacale di ambienti e personaggi, la potenza
interpretativa degli attori primo tra tutti un meraviglioso Burt Lancaster ( anche se doppiato da un bravissimo Corrado Gaipa) abbiano contribuito a " mantenerlo vivo " per tanti anni.
A me piace il film ma sono affascinata dalla prosa " opulenta" del romanzo.
A mio avviso Visconti, operando la scelta di tagliare gli ultimi due capitoli ( ed è anche giusto e comprensibile), lascia intatta la figura del Principe, anticipandone quasi l' anelito alla morte nella scena finale ma sacrifica la figura di Concetta la figlia che è più simile a lui e anche il possibile diverso esito del suo amore per il cugino Tancredi: elementi che vengono fuori nell' ultimo capitolo " La fine di tutto " che si svolge 50 anni dopo.
 

TE PIACE 'O PRESEBBIO?

E' la frase che Eduardo De Filippo, nei panni di Luca Cupiello, ripete in modo ossessivo al figlio il quale non vuole dargli soddisfazione
 e ripete che no, non gli piace.
Il presepe a Napoli è una tradizione, come l' insalata di rinforzo con i peperoni " papaccelle", la pizza di scarola, anzi una volta le scarole " imbottonate ", il baccalà fritto e via dicendo.
Noi napoletani o " napolidi " come sono io adesso amiamo il presepe, ma quello napoletano, quello nato negli anni del Barocco e da allora rimasto ricco, opulento, una mescolanza di sacro e profano.
C'è la grotta col " bambeniello", ma c'è anche l' osteria dove gli avventori giocano a carte, il macellaio con i pezzi di carne appesi ai ganci fuori alla bottega; il fruttivendolo con i cesti di frutta e il pescivendolo con le " spaselle " di cozze e vongole.
Il presepe napoletano è Napoli con tutte le sue contraddizioni, con il bene e il male, gli eccessi, i colori, la povertà, il chiasso: c'è il pastore Benino, quello che dorme e non si accorge della nascita di Gesù, ci sono i Re Magi, all' inizio lontani e poi sempre più vicini fino ad arrivare alla Befana davanti alla grotta.
Ogni chiesa a Napoli ha il suo presepe sontuoso e ricco di figure e scene; anche in costiera sorrentina ci sono bei presepi; a Sorrento una confraternita allestisce ogni anno un presepe bellissimo che rappresenta Sorrento antica: la marina, il paese, le finestre e balconi attraverso cui si intravedono scene di vita.
Quando insegnavo a Melito portavo i miei alunni a S. Gregorio Armeno, la via dei pastori; non c' erano mai stati e si perdevano nella visione delle ceste di frutta e " spaselle " di ogni grandezza da quelle piccolissime a quelle enormi per i presepi delle chiese.
I " presepisti " di S Gregorio Armeno mantengono viva la tradizione dei pastori di terracotta e dei personaggi famosi: vediamo quindi tra i pastori, Di Pietro, Berlusconi, Maradona.
Luciano De Crescenzo nel suo: " Così parlò Bellavista " divide i popoli in meridionali e settentrionali; quelli meridionali sono popoli d' amore e amano il presepe e il bagno nella vasca, quelli settentrionali come i milanesi sono popoli di libertà e amano l' albero di Natale e la doccia.
Mio padre non sapeva fare il presepe, chiamava un tizio, lo pagava e quello ce lo faceva.
A casa mia, da sposata, nella divisione di compiti e ruoli, Stefano, il primo figlio ha sempre preparato l' albero e Paolo, il secondo, il presepe.
Ora loro non sono più in casa e mentre l' albero lo preparo io ( in modo travagliato) così come le decorazioni per la casa, il presepe lo fa Paolo a casa sua: gli ho dato il " bambeniello", il sughero e qualche pastore perchè non hanno molto spazio, ma è giusto che lo faccia lui, gli spetta.
Del resto quello che più conta è che la Vigilia la passiamo tutti insieme, io e l' ing, i figli le nuore, i nipotini, i consuoceri: la cena è mista come lo sono le mie origini e il mio punto di arrivo, non manca mai però la pizza di scarola, quella è un classico: per il resto come sempre c'è un po' di Napoli e un po' di Milano, l' importante come dice Dickens nel suo " Canto di Natale": "è festeggiare degnamente il Natale, se mai creatura vivente può attribuirsi questo vanto.
Che altrettanto possa dirsi di noi, di tutti noi..."

sabato 17 novembre 2012

UN SABATO


E' un sabato qualunque, uno dei tanti.
Ci si sveglia, si leggono i giornali insieme, io racconto un sogno fatto stanotte, si fa colazione.
So che stamattina lui deve andare in Corso Vercelli per comprare un paio di occhiali nuovi, mi chiede se ho voglia di uscire, dico di no, sto preparando la pizza per stasera.
Tra una chiacchiera e l' altra, una faccenda e l' altra vado al computer per mostrargli una strana mail che mi è arrivata.
Sorpresa, PAURA, SENSO DI PANICO: il computer è bloccato.
Chiedo aiuto a lui che, prima amabilmente, poi sempre più in fretta e nervosamente prima prova e infine, quando non ci spero più riesce a riattivare il collegamento.
Il tempo passa e lo vedo sempre più adirato ( non è da lui)!
Ha solo il sabato per qualche servizio da sbrigare: quando tutto è riparato ed è pronto per uscire gli chiedo se può passare da De Wan perchè ci sarebbe un orologio da ...non riesco a dire " Riparare " perchè con tono glaciale dice che deve precipitarsi perchè ha fatto tardi ( leggi"per colpa mia!!!" ).
Esce e io ritorno alle mie faccende; so che tanto quando ritornerà sarà di umore sereno!!!
E così è stato!!!
Ma per pochi minuti a me era sembrato così...

mercoledì 14 novembre 2012

QUANDO ERO ALLE ELEMENTARI E SI CANTAVA L' INNO DI MAMELI


Sono tanti i miei ricordi e vorrei poterli fissare, fermare, condividere con altri o anche solo con me stessa.
Qual è il primo ricordo? Una parete di un' aula buia. Per dare luce,
 sulla parete qualcuno aveva dipinto un ramo di albero e un volo di rondini ma la stanza restava buia..
Era un' aula della scuola elementare che frequentavo e dove mia madre insegnava.
Si chiamava "E. Fuà Fusinato", dove E stava per Erminia. Credo fosse la moglie di un poeta, Fusinato e che lei fosse una direttrice e ispettrice scolastica dell' 800.
Eravamo ospitati in un edificio fatiscente, una pia istituzione, che si chiamava " Istituto Mondragone", situato nell' omonima piazzetta nel centro di Napoli, dove, tra vicoli intricati, dal Corso Vittorio Emanuele si scendeva a Via Chiaia : due vie di signori con in mezzo un dedalo di stradine poverelle.
La scuola era pericolante, che vuol dire che poteva crollare tutto da un momento all' altro; ma la cosa veniva detta con la rassegnazione mista a una sorta di indifferenza che è tipica del popolo napoletano. Come dire" Che ce putimm' fà?" L' ho sentito dire sempre: quando ero alunna e dopo, fino a che mia mamma andò in pensione nel '73.
L' istituto"Mondragone" ospitava pie donne, quasi delle suore ma non proprio: tra queste ce n' era una che mi preparò per la Prima Comunione. C' era anche, ospite là fin da piccola, una sordomuta, sopravvissuta al terremoto di Messina; io, terrorizzata da qualunque tipo di malformazione, avevo paura e scappavo quando vedevo questa poverina che si esprimeva con mugolii.
La scuola elementare aveva con l' istituto una specie di convenzione, per cui, dopo l'orario scolastico, una volta a settimana, noi bambine andavamo in un refettorio dove ci venivano impartite lezioni di cucito, odiavo quelle ore: punto a giorno, punto erba, punto croce; che schifezze uscivano dalle mie dita riluttanti!
L' edificio era una sovrapposizione di costruzioni: c' era un primo piano, poi un secondo che prendeva luce da un corridoio il quale si affacciava sul refettorio dove cucivamo, poi, tramite una scala tutta tornanti ( penso alle attuali norme di sicurezza), si accedeva a un terzo piano luminoso dove c' era la mia classe.
Quella di mia madre, invece, era al prima piano: lei era LA MAESTRA.
Era da tanti anni in quella scuola da potersi scegliere l' aula, in base a non so quali criteri: non era la più bella, era nel lato più fatiscente della scuola, ma a lei piaceva. Mia madre dava il "tu " alla Direttrice, perchè erano state colleghe, ma non la chiamava per nome , solo Direttrice e il tu.
Mia madre era brava, molto, le sue classi vincevano tanti concorsi, l' hanno fatta anche Cavaliere per meriti scolastici, amava gli alunni e loro l' amavano, ma urlava; anche io, negli anni seguenti mi sarei distinta per il tono stentoreo ma ricordo che appena si entrava nella scuola, si sentiva la voce di mia madre.
Ho fatto la prima elementare a tre, quattro e cinque anni; i primi due, semplicemente perchè non avendo dove lasciarmi e avendo io rifiutato, rotolandomi per terra, di frequentare l' asilo, mi portava con sè e mi faceva sedere in un banco; a quattro anni leggevo e scrivevo, a cinque, sempre trascinandomi, mi costrinsero a fare la prima regolare.
A Napoli tutti fanno la prima a cinque anni, non solo ora che si può, da sempre. Se si conosceva una maestra venivi ammessa come uditore ( tremo pensando ancora alle norme di sicurezza), poi alla fine della prima si sosteneva un esame e si andava di diritto in seconda.
Quando io feci l' esame di prima, così come quando diedi la licenza elementare, mia madre, per correttezza, uscì dalla scuola.
L' utenza della scuola era mista: c' erano figli di signori e bambini che venivano dal Pallonetto S. Lucia, un intrico di vicoli e scalinatelle che dall' Egiziaca a Pizzofalcone portava a S. Lucia; i più intelligenti di un popolo intelligente: così li definiva mia madre, perché, diceva, erano cresciuti sul mare.
La mia maestra si chiamava Carolina Rossi Bruno, gran signora, brava maestra : quando qualcuno non sapeva la lezione tirava schiaffoni che lasciavano l' impronta delle dita ( a me no perché brava e figlia di collega).
Nessuno si sognava di contestare, anzi i genitori dicevano " Signò vattitele" invitavano la maestra a picchiare i figli.; io avevo una compagna che mi chiamava " Quatt'uocchie" perché io portavo gli occhiali, ma non l'ho mai sentita come un' offesa, era un modo di definirmi.
Ai bambini poveri veniva data la refezione, cioè la merenda gratuita: panini a rosette, formaggini gialli americani e la cotognata che era una marmellata di cotogne, ma dura.
La maestra divideva la refezione e la dava anche a bambini che sapeva essere poveri ma non tanto da averne diritto.
Io invidiavo molto i bambini poveri perché l' avrei voluta ma non mi spettava.
Avevamo una maestra di canto, vecchia e zoppa che si chiamava signorina Cattedra: nell' ora di canto ci insegnava l' Inno nazionale, quello di Mameli, che cantavamo nelle occasioni importanti e " Va pensiero", non ricordo altre canzoni.
La mia era una classe mista: fu l' unica della mia vita perché medie e superiori le ho frequentate dalle suore, ma questa è un' altra storia.
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martedì 13 novembre 2012

IL CANTO DI NATALE


Il Canto di Natale (A Christmas Carol), noto anche come Cantico di Natale o Ballata di Natale, è un romanzo breve di genere fantastico del1843 di Charles Dickens (1812-1870), di cui è una delle opere più famose e popolari.
È il più importante della serie dei Libri di Natale (The Christmas Books), una serie di storie che include anche Le campane (The Chimes1845), Il grillo del focolare (The Cricket on the Hearth1845),La battaglia della vita (The Battle for Life, 1846) e Il patto col fantasma (The Haunted Man1848).
Il romanzo è uno degli esempi di critica di Dickens della società ed è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo. 
Narra della conversione dell'arido e tirchio Ebenezer Scrooge visitato nella notte di Natale da tre spiriti (il Natale del passato, del presente e del futuro), preceduti da un'ammonizione dello spettro del defunto amico e collega Jacob Marley.
 Il Canto unisce al gusto del racconto gotico l'impegno nella lotta alla povertà e allo sfruttamento minorile, attaccando l'analfabetismo: problemi esasperati apparentemente proprio dalla Poverty Law (Legge contro la povertà), comodo tappabuchi tanto inefficace quanto dannoso ideato dalle classi abbienti.

mercoledì 7 novembre 2012

UNA NOTTE MOVIMENTATA


Ieri sera, mentre l'ing faceva " zapping " tra partite e quella tremenda fiction su Rai 1 ( ma alla fine degli anni '60 non eravamo così...), io mi sono " appapagnata" come spesso mi capita in prima serata.
Poi mi sono apprestata a vedere la " notte americana "; poichè la cosa andava per le lunghe ho visto due puntate di una serie " Medium" che vedo da sette anni ( altro peccato).
Mio figlio mi aveva raccontato che sarebbe finita per sempre e in modo triste.
Se si vuol far finire definitivamente una serie si comincia a far morire tutti, poi a resuscitare si fa sempre a tempo ( Bobby di " Dallas" tanti anni fa già docebat ).
Non pensavo che l' ultima puntata sarebbe stata quella di ieri sera; che tristezza alle 3 di notte veder morire un padre e marito amoroso!!!
Allora sono ritornata su Mentana e compagni ma alle 4 non c' era niente di definitivo e già la mia mente correva a quell' anno della " riconta" dei voti a cui Al Gore pose fine giorni dopo.
Sono finalmente crollata ma alla 6, mentre sognavo che eravamo allo stadio a vedere una partita e davanti a noi si vedeva solo una fila di cabine, mi sono svegliata di soprassalto, per sbaglio invece di quella sul comodino ho acceso la luce centrale, ho " quasi" svegliato l' ing e insieme siamo riusciti a vedere in diretta i discorsi dei due candidati mentre, fuori della porta giaceva il " Corrriere " nella sua prima edizione del mattino, ormai già diventata " superata"

martedì 6 novembre 2012

TELEVISIONE E RIFLESSIONI

Ebbene sì, sarà che sono napoletana, " Emigrante ?" come chiedevano tutti a Massimo Troisi in "Ricomincio da tre".
Da sedici anni, tutte le sere, dalla 20, 30 alle 21 vedo in tv :" Un posto al sole".
Da sedici anni, tutte le puntate.
Prima della "soap " anzi "real soap "( sono una studiosa del ramo), per anni c' è stato " Blog " che ora c'è solo la domenica o forse anche 
il sabato.
A sostituirlo hanno provato di tutto: una soap siciliana voluta da Giovanni Minoli che nessuno vedeva, telefilm d' annata, Stanlio e Ollio, negli ultimi tempi Ciccio e Franco e, da qualche sera, degli sketch interi, non a spezzoni, pescati nelle teche della Rai.
Ogni volta ci si stupisce di quanto fosse raffinata e intelligente la televisione di una volta: grandi attori, spettacoli curati, soggetti e battute scritti da autori importanti.
Se la si confronta con tanta tv approssimativa, becera e caciarona di oggi è veramente un capolavoro.
Ieri c' era uno sketch di Peppino De Filippo nel personaggio di Pappagone, l' ultima maschera italiana insieme a Fantozzi di Paolo Villaggio; oggi venti minuti di comicità irresistibile con " Il sarchiapone " nella sua versione integrale con Walter Chiari, Carlo Campanini, irresistibile spalla e Elvio Calderoni, attore di operette delicato e raffinato, presto scomparso.
Ci si spiega perchè ci siano picchi di audience quando si va a " rubare" a piene mani nelle teche della Rai: " Biblioteca di studio Uno" con il Quartetto Cetra, Sandra e Raimondo pre- Mediaset e la loro ironia, perfino" Carosello " ci sembra fatto di piccole opere d' arte.
Bisognerebbe studiare a scuola quella televisione là!