domenica 27 maggio 2012

FATIMA

Si chiama Fatima: è una delle tante ragazze che vivono in Italia, frequentano l' Università o la scuola, parlano italiano e pensano in italiano, sono colte, preparate, integrate.
Vestono solo in modo diverso per seguire le loro usanze; ed è giusto così! Ne vedo tante nel mio quartiere e in giro per Milano. Anche in tv ce n' è una che frequenta la " Cattolica" e fa l' opinionista a TV Talk il programma sulla televisione del pomeriggio del sabato. Come loro ci sono donne che accompagnano i loro bambini a scuola. Alcune sono vestite così altre hanno anche il burqa a seconda delle loro abitudini e del loro credo.
Sono donne come noi, come le nostre ragazze che portano piercing e minigonne o che si truccano pesantemente.
Dentro sono uguali: donne tutte, degne di rispetto e di stima come ogni individuo, specie in un periodo in cui le donne vengono trattate spesso con violenza anche per un malinteso senso di possesso o di amore, scompaiono, vengono aggredite, stuprate, fatte oggetto di stalking.
L' importante è sentirci uguali, cittadine di un' unica patria che è l' Italia che, rendiamocene conto, è ormai un paese multietnico che ospita culture e usanze diverse.
Ieri nella scuola elementare che è nel mio giardino è stato organizzata una festa multietnica: ogni bambino o bambina straniera portava un piatto della sua terra e così ogni italiano.
La signora che mi aiuta nelle faccende domestiche, Delia, ha accompagnato la sua bambina: loro sono filippine e si sono molto divertite in questo incontro.
Spesso ho detto che assistere all' uscita scolastica di queste classi è bellissimo: vedi persone di ogni colore e razza che si danno la mano che parlano italiano che saranno, speriamo presto cittadini di questo paese con diritto di voto.



IL DISEGNO E' DI GIORGIO SIRAVO

ODE ALLA LAVASTOVIGLE


Tra tutti gli ellettrodomestici è, per me, l' unico assolutamente insostituibile.
Anche più della lavatrice: i vestiti e perfino le mutande puoi portarli in tintoria, dell' aspirapolvere puoi fare a meno, dei robot vari anche ma della lavastoviglie, no.
Prima lei e poi io, in casa.
Ho tante amiche che non l' hanno oppure non la usano: noi siamo in due e io la metto in funzione di sera unendo piatti, bicchieri e stoviglie di prima colazione, pranzo e cena.
Alcune mie amiche dicono:" Che ci vuole a lavare due piatti!!!" E lo pensano veramente.
Quando il sabato o la domenica aspetto figli o ospiti o in qualunque giorno della settimana si debba cucinare di più, mi affetto a preparare tutto di mattina, tanto poi si mette in forno e si riscalda.
Con Delia riempiamo  la lavastoviglie con tutto quello che è stato usato per cucinare, ugelli del fornello compresi, poi si fa andare, si lavano le parti in legno della cucina con acqua e ammoniaca così viene via l' odore di frittura o di " cucinato" in genere e nel pomeriggio sono pronta ad apparecchiare tavola così che, fino a dieci persone,  c' è spazio nella lavastoviglie.
Per anni e anni avemmo una Candy di quelle alte, enormi che ora non fabbricano più; la portammo anche nella prima casa di Milano.
Poi, quando 20 e passa anni fa comprammo questa casa e acquistammo la cucina nuova ne prendemmo una a incasso che a me sembrava piccolissima ma che, invece, usata con accortezza contiene tanta roba.
Ieri le ho innalzato l' ennesimo peana: i parenti venuti da Napoli, gelati, bicchieri per il vino bianco e piatti e vaschette per gli aperitivi; poi, andati via loro e apparacchiata la tavola, ridcaldata la pasta al forno e le melanzane imbottite preparate ieri mattina, abbiamo cenato con i figli e la nipotina.
Poi, di nuovo ho sistemato tutto nel " mio elettrodomestico preferito e insostituibile" e stamattina l' ho svuotata.
Guardo sempre come un miracolo bicchieri, stoviglie e posate uscire di là brillanti e splendenti! Che meraviglia; senza dover tenere le mani sotto l' acqua, senza schiuma che io considero pericolosa e deleteria e difficile da risciacquare!
Perfino le posate d' argento lavo là dentro e nessuno mi venga a dire che si rovinano perchè non è vero!
Oggi aspettiamo l' altro figlio; è solo perchè Valentina è dai suoi, la pasta al forno è  da riscaldare, melanzane ne sono avanzate, ci sono contorni, insalate, verdurine sott' olio e poi c' è lei che pensa a pulire tutto e, in un lampo a riportare ordine e candore!
Evviva tutte le lavastoviglie del mondo di ogni marca, ordine e grado!!!

sabato 26 maggio 2012

IL DRAGO E LA SUA STORIA


Era una persona come tante; la mattina usciva, andava in ufficio , la sera tornava , si addormentava davanti alla tv: uno come tanti.
Un giorno si accorse che stava cambiando, solo in alcune ore, specialmente di notte.
Diventava un drago! Enorme, colorato , con coda e fiamme che gli uscivano dalla bocca!
Ma non faceva paura a nessuno, era un drago buono.
Ora, se qualcuni di voi ha mai visto un drago buono, avanti, me lo dica; la stessa parola evoca fuoco , fiamme , malvagità!
Invece questo era un drago gentile  che andava in soccorso ai poveri, aiutava le vecchine e i bambini ad attraversare la strada, insomma era un benefattore dell' umanità.
La notiìzia si propagò in un baleno: " Esiste un drago buono che, non solo non fa male a nessuno ma difende i deboli e gli oppressi!!".
Tutti lo seppero subito, le trasmissioni televisive se lo contesero, gli offrirono spot pubblicitari, lo invitarono a quiz televisivi.
Stava quasi per montarsi la testa e diventare un drago vero di quelli malvagi che uccidono ed emettono fuoco e fiamme ma ricordò in tempo di non essere altro che un uomo come tanti.
Rimase così, uomo- drago part-time occupato a difendere i deboli, ad aiutare le vecchine ad attraversare la strada, ad accompagnare i bambini a scuola.
Stava nascendo una nuova tipologia ed era cosa buona!!!

giovedì 24 maggio 2012

PASQUALINO, CENE VARIE E L' IMPEPATA DI COZZE


Quando eravamo ragazzi si andava quasi ogni sera a cena fuori.
A volte in ristoranti migliori o in pizzerie famose della vecchia Napoli come " Lombaedi " a S. Chiara.
Ma più spesso andavamo da Pasqualino; esiste ancora oggi, è una pizzeria a Piazza Sannazzaro vicino al tunnel che porta a Fuorigrotta.
Allora, nei primi anni '70 da Pasqualino con 2000 lire avevi: pizza, impepata di cozze, crocchè di patate e arancini di riso.
Quando tornavamo a casa di notte mamma dalla camera da letto diceva: " Siete stati da Pasqualino!"
Puzzavamo di fritto tanto che stendevamo fuori cappotti e giacche perchè l' odore si dissolvesse.
Pasqualino è rimasto nella memoria collettiva come il luogo abituale delle nostre scorribande " povere".
Una sera, poco prima che scoppiasse il colera, primavera del' 73, andammo sulla spiaggia di Mergellina a " La casa del pescatore ".
Era sull' arenile, c'era gente che mentre cenava, si alzava e vendeva le sigarette di contrabbando; le pizze venivano servite nei vassoi della Coca cola; il cameriere ci disse :" Vedo che siete signori, date una pulita alle posate che non si sa mai!"
Ma all' impepata di cozze non rinunciammo.
Quale Dio benefico ci salvò dal colera?
Dopo, per qualche tempo, usammo precauzioni ma all' impepata, ancor oggi difficilmente si rinuncia; hai voglia a pensare che le cozze sono la" pattumiera del mare"...la voglia è troppa!

Grazie all' amico Sorrentino Vincenzo che con la sua foto dell'  " impepata " che posto qua sotto, ha risvegliato i miei ricordi!

IL CAPRIOLO INNAMORATO E LA ROSA-FANCIULLA


Di notte, qualcuno che passava nella radura, lo aveva visto correre, attraversando come una freccia lo spiazzo per poi scomparire nel bosco.
Qualche cacciatore di frodo ci aveva provato a colpirlo ma l' animale era velocissimo, la zona protetta e le multe salate.
Così era sempre stato salvo.
Di mattina non vi era traccia del capriolo; ai bordi delle foresta, una casetta di assi di legno con un prato intorno era abitata da un giovane e solitario giardiniere che si dedicava con cura ossessiva ai suoi fiori.
Se le poche persone che passavano e le pochissime che scambiavano qualche parola con lui ( era abbasta misantropo e silenzioso ) fossero state più attente, si sarebbero accorte che dedicava l' attenzione maggiore a una rosa, splendida e sempre in boccio; la curava con amore e delicatezza, la sfiorava con le dita come per una carezza.
Una vecchia che abitava ai margini del bosco si lasciò sfuggire il segreto che poi passò di bocca in bocca.
Nessuno però osò mai parlarne col giovane nè disturbarlo con domande inutili.
Era stato innamorato di una bella ragazza e insieme avevano progettato di trascorrere la vita insieme.
Un mago malvagio che amva anche lui la fanciulla senza esserne ricambiato, aveva fatto un maleficio: di giorno lui era uomo e di notte capriolo, condannato a correre incessantemente nel bosco; lei di notte era la bella ragazza di sempre e allo spuntare del sole si traformava in rosa e lui, tornato uomo, poteva dedicarle il suo amore.
Come in " Lady Hawke ", vicini per sempre e per sempre separati, finchè un nuovo evento non fosse intervenuto a spezzare la magia...

sabato 19 maggio 2012

ERA UN GIORNO TRISTE QUELLO

 Qualunque novità circa la " Fontana Paradiso " e il Ferragosto memorabile " passarono in secondo piano, quella mattina.
Era arrivata e si era propagata la notizia di un attentato dinamitardo a una scuola.
Una ragazza era morta, un' altra gravemente ferita e, solo per pochi minuti si era evitata una strage.
Tutti quelli che frequentavano il giardino, governanti filippine o africane, bambini ricchi o poveri, genitori eleganti o operai, vecchie maestre e impiegati in pensione si sentivano quel giorno più tristi.
La scuola è di tutti: appartiene a chiunque l' abbia frequentata, a noi insegnanti per cui è un luogo sacro come una chiesa, ai ragazzi per i quali è il posto in cui passano più ore al giorno, alla comunità perchè è o dovrebbe essere un luogo sicuro e intoccabile.
Purtroppo forze maggiori in alcuni periodi ci sovrastano e vogliono creare in noi panico e timore degli altri.
Occorre essere forti, più forti del male e uniti.
Quel giorno la " Fontana Paradiso " era più bella del solito ma i rivoli d' acqua sembravano lacrime che scorrevano per una vita giovane spezzata.
I fiori profumavano e sembravano essere un omaggio per la ragazza che aveva perso la vita.
I ragazzi quel giorno non giocarono a pallone, non gridarono o litigarono; passeggiavano in silenzio e parlavano tra loro: si videro insieme ragazzetti malvestiti e bambini eleganti, mamme con abiti griffati e altre stanche che tornavano dal lavoro in fabbrica, vecchine e pensionati chiacchierare con anziani eleganti con le badanti a fianco.
Non ci furono differenze quel giorno: il dolore di uno è il dolore di tutti, una vita spezzata crea lutto nell' intera comunità umana.
Forse sarebbe stato solo per quel giorno o per una settimana o due.
Ma già era sufficiente, era un piccolo passo avanti: la fontana univa non separava, così come il dolore dovrebbe unire e incitarci a non arrenderci e reagire.

giovedì 17 maggio 2012

LA FONTANA PARADISO E UN FERRAGOSTO INDIMENTICABILE


Da quando c' era la fontana il giardino era diventato sempre più frequentato e famoso.
Quando era un parchetto stento e brullo c' erano i ragazzini del quartiere con le loro mamme o anche soli, anziani ormai in pensione: vecchie mastre e impiegati che, dopo aver fatto la loro magra spesa nel supermarcato là vicino, osservando attentamente i prezzi di ogni prodotto perchè, si sa, altrimenti si rischia di non arrivare alla fine del mese, sedevano nelle panchine a godere un po' di fresco.
Ora con la fontana, venivano anche filippine e africane che spingevano passeggini con bambini biondissimi di quartieri più eleganti.
La domenica , con i bambini, venivano per un giretto anche i genitori degli stessi, eleganti nei loro abiti griffati e alla moda.
Certo la fontana era uno splendore!
Un sistema di irrigazione raffinatissimo che più che zampilli d' acqua sembrava lascasse scorrere gocce di rugiada permetteva che i fiori rimanessero sempre freschissimi.
La temperatura dell' acqua era ora più calda ora più fredda in modo che i fiori non dovessero risentire di nessun cambiamento di temperatura.
Era come una serra all' aperto e da ogni parte venivano a fotografarla per riviste italiane e estere.
Poi arrivò l' estate e quelli che se lo potevano permettere andarono in vacanza.
In genere, anche in tempi di crisi, ci sono i ricchi e i poveri e i primi sparirono per tutto il periodo estivo.
Rimasero, come un tempo,  i ragazzini del quartiere con le mamme o da soli e quei vecchietti che, tanto, c' erano sempre tutto l' anno.
Faceva caldo, tanto caldo e nemmeno il poter guardare la fontana e sporgersi per raccogliere un po' d' acqua e rinfrescarsi bastava più.
Era ormai Ferragosto ma per chi frequentava il giardino era un giorno come un altro, uguale ai tanti di prima e a quelli che sarebbero venuti dopo.
Quella mattina i primi ad accorgersi che c' era qualcosa di diverso furono i ragazzi: mescolati al profumo dei fiori c' erano altri aromi nell' aria e, accanto a ogni rubinetto da cui sgorgava solitamente l' acqua c' erano dei cartellini con su scritto: melone, ananas, fragola, menta e altri nomi deliziosi.
E da ognuna delle bocchette da cui prima sgorgava l' acqua zampillava il succo del frutto corrispondente al cartellino!
Fu un accorrere da ogni parte, un passaparola generale; vennero famiglie intere, ragazzi, vecchiette che portavano con sè bottigliette vuote per fare un pò di provvista.
Ci furono anche memorabili indigestioni perchè c' era  chi voleva provare tutti i gusti.
Alla bellezza, al colore, e alla fraganza dei fiori si mescolavano gli aromi e soprattutto le decine di zampilli di ogni colore ed era uno spettacolo veramente unico!
Tutto  era dovuto all' iniziativa di bar e gelaterie della zona che, in accordo col Comune, avevano compiuto una buona azione ricompensata ovviamente da un guadagno in un giorno solitamente magro di incassi.
Ma nessuno di quelli che ne godette si chiese mai come e perchè fosse successo; lo presero così,  semplicemente come un momento di gioia che li ricompensava di un' estate passata in città.
Fu una giornata memorabile!
Da allora cominciarono a chiamare la fontana " Paradiso".
Per quanto si ostinassero a sbirciarla, l' evento non si ripetè e le vecchiette che avevano fatto provvista si rallegrarono per l' idea che avevano avuto.
In autunno quelli rimasti cercarono di raccontare a quelli che erano in vacanza il " Ferragosto della fontana Pardiso" ma gli altri scossero la testa; venivano dal mare, da villaggi turistici, dalla montagna e pensarono che quelli parlassero per invidia o che il caldo avesse dato loro alla testa.
Così va il mondo!
L' ELABORAZIONE E' DI MARIO BOZZI DA UNA FOTOGRAFIA DI LINA LACCHINI E DA UNA DI LUCIA TRANCHINA

domenica 13 maggio 2012

ERA UN GIARDINO


Era un giardino come tanti, in un parchetto di periferia con quattro altalene, erba che stentava a crescere nello smog della città e bambini che correvano, a piedi o in bicicletta, giocavano a mosca cieca o a pallone.
Lei si sedeva sempre e li guardava, per ore.
Pensava a quando, anni prima,  veniva con la sua bambina e a volte si irritava anche quando la piccola si attardava e lei sapeva che a casa l' aspettava la cena da preparare.
Avrebbe voluto che il tempo tornasse indietro, che tutti glii orologi del mondo cominciassero all' impazzata a correre a ritroso.
Se solo per un momento avesse potuto rivederla, parlarle, dirle il suo amore, lasciarla giocare là all' infinito per tutto il tempo che avesse voluto.
Se, se, se, quanti se riempiono le nostre vite.
Incomprnsioni, silenzi, frasi pensate ma non dette,  la figlia da tempo  era lontana non aveva dato più notizie di sè.
Guardò in fondo, nell' angolo che la sua bimba aveva tanto amato; le piacevano i fiori e aveva sognato un' aiuola sempre fresca.
Ogni giorno si dava da fare in quell' angolo di terra brulla inseguendo il suo sogno mentre lei, stanca per il lavoro in fabbrica, oppressa dalle preoccupazioni economiche e da quelle domestiche le concedeva quell' ora di svago e poi la riportava a casa quasi per forza.
Una casa tra tante dove non c' era posto per il verde e così la bambina aveva cercato di crearlo in quel parchetto stento.
Da giorni, veniva sempre, vedeva del movimento in quell' angolo: ruspe, camion che trasportavano terra, operai.
Si avvicinò; non l' aveva mai fatto prima e non seppe mai se vide prima la ragazza, donna ormai o la fontana a forma di statua carica di fiori e con zampilli d' acqua che li mantenevano sempre freschi.
La guardò e la riconobbe: lei volò tra le sue braccia; le chiese scusa se non si era fatta subito viva al suo ritorno ma voleva farle una sorpresa.
Si era specializzata in quella che era la sua passione da sempre: creare giardini  ed era venuta di proposito, d' accordo con le autorità comunali con l' intento di realizzare il suo antico sogno e portare lei, la mamma a vederlo una volta terminato.
-  Eri sempre così stanca - le mormorò con affetto - e trovavi ugualmente il tempo di portarmi qua e lasciare che mi dedicassi al mio sogno! E' solo grazie a te, alla tua pazienza e ai tuoi sacrifici se tutto si è realizzato!-
Non seppe che dire; guardò la statua dall' espressione enigmatica e impenetrabile, i fiori lussureggianti e quell' angolo di giardino le sembrò il Paradiso.
E forse lo era.

mercoledì 9 maggio 2012

LA PARTITA


Erano ore ormai che giocavano: era terrorizzato anche se non lo dava a vedere.
Aveva incontrato L' ALTRO, quella creatura ripugnante e strana ed era convinto che, presto, ne avrebbe visti ancora.
Ne sentiva la presenza, sapeva che c' erano.
L' ALTRO  gli aveva fatto cenno e lo aveva condotto in quella grande sala con al centro un biliardo; gli aveva dato una mazza ed era cominciata quella lunga, silenziosa, estenuante partita.
Come si fosse trovato davanti a quella grande casa lo ricordava.
L' astronave si era fermata, forse per un guasto al' impianto centrale e non era più ripartita nonostante i tentativi di contattare la Centrale e di usare il motore di riserva.
Era sceso; intorno c' era una nebbiolina leggera e si procedeva facilmente su quel morbido tappeto d' erba rasata.
Poi, ecco, la grande casa con le finestre spalancate come occhi neri; la porta d' ingresso era appena accostata ed era entrato cercando di fare meno rumore possibile.
Poi da una di quelle stanze era uscito L' ALTRO, e lo aveva silenziosamente invitato a entrare.
E  la partita era cominciata.
Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo per sbirciare L' ALTRO : sentiva, sapeva che non erano soli nella casa, che presto altre creature mostruose sarebbero entrate, l' avrebbero preso, guardato, studiato, forse tenuto prigioniero.
Ecco sentiva rumori, anche un suono come una musica assordante e suoni strani che si avvicinavano.
Sapeva, prima ancora di voltarsi che stavano per entrare: alzò la testa e li vide: erano veramente orribili, come L' ALTRO;  nessuno di loro era blu, avevano solo due occhi e mani con cinque dita per una,  la pelle chiara, la testa coperta da peli di colori diversi, indossavano  strani  costumi morbidi e colorati.
Uno di essi si avvicinò e con una voce armoniosa  disse una frase che la sua mente super- allenata tradusse: " Sei uomo o donna ?"
Chissà che voleva dire, in quale strano pianeta era mai capitato!

Grazie ad Alina Bartolini per la bella immagine; ho preso spunto da " La sentinella " di Fredric Brown, il primo e fondamentale racconto di fantascienza che si fa leggere agli alunni per illustrare  il cambiamento del " punto di vista".

martedì 8 maggio 2012

LA FATA DEL SONNO


Commentare questa bella elaborazione di Mario Bozzi è quasi inutile.
Basta ripostare la dolce poesia di Alina Bartolini che era nella foto originale: " Filtra la luce della luna/  dalle persiane socchiuse,/ si anima il soffitto/  e il sonno si nasconde/ rannicchiato non so dove./ Lontano qualcuno grida,/ un cane abbaia senza convinzione,/ sbatte una porta./ Scovo il sonno rintanato/ tra le pieghe d'espressione/ di una bocca che parla senza voce .../ forse ora sarà una buona notte. Alina, 8 maggio 2012 "
Vorrei immaginare,  nello splendore monocromatico dell' elaborazione di Mario, a quella figura quasi senza volto coma a una fata a guardia del sonno di tutti noi.
E in quel velo impalpabile, in migliaia di fili intessuti si mescolano sonni tranquilli e placidi, profondi e senza sogni e sonni che tardano a venire e spingono tanti di noi ad allungare la sera spingendola nella notte fonda e sperando; sonni animati da sogni inquieti e confusi o dolci e rassicuranti.
Molti non li ricordiamo  ma  ne conserviamo  l' impressione.
A me capita, ora che divento sempre più " diversamente giovane", che il risveglio sia accompagnato da una sensazione di angoscia che prima non avevo, quasi che le ore di sonno siano sottratte al vivere o che il ricominciare un nuovo giorno sia faticoso; è un momento, passa subito.
La notte è dolce quando tutti dormono e la casa ti avvolge nella sua pace rassicurante.
 Si legge, si fa un po' di zapping col telecomando, uno sguardo al frigorifero e uno spuntino notturno;  è come se si volesse rimandare il momento decisivo: verrà o non verrà il sonno immediato e benefico o pensieri a volte oziosi e inutili ci terranno svegli?
Fata del sonno fa' che sia sempre una buona notte quella prossima come ci augura Alina nella sua poesia!

GRAZIE A MARIO BOZZI PER L' ELABORAZIONE E AD ALINA BARTOLINI PER LA FOTO E LA POESIA.

lunedì 7 maggio 2012

JIM WILLIAMS, LA FIDES PARTENOPE BASKET, LA COPPA DELLE COPPE 1970...RICORDI

L' altro ieri mi telefona mia sorella e mi dice che a Napoli è previsto il ritorno dagli  U.S.A. di Jim Williams un grande pivot che entusiasmò  noi napoletani appassionati di basket alla fine degli anni '60 per culminare con la vittoria  della squadra napoletana nella Coppa delle Coppe del 1970.
Ecco, come dico io, basta allungare una mano e il passato è là, dietro l' angolo.
Mia sorella e  io e poi l' ing ( non ancora ing ) e i nostri amici la domenica affollavamo il Palasport ( in cui andammo anche per il concerto degli Inti Illimani ).
All' inizio era una squadra " poverella " quella napoletana; una dipendenza dell' Ignis di padron Borghi e infatti si chiamava Ignis Sud.
Poi cambiò il nome in Fides e incominciò l' epoca d' oro; fu una squadra sfortunata nel tempo, non ne restano molti.
C'erano Maggetti, bravo e  basso per il basket ma con una grande velocità e testa e Bufalini e Gavagnin che dall' Ignis, divengtati vecchi, erno stati riciclati alla Fides e Ossola fratello minore del calciatore scomparso a Superga.
I primi due non ci sono più, ma mancano anche i fratelli Errico morti in modo fulmineo e da giovani, per quelle strane morti improvvise di cui, allora,  non si parlava tanto.
Forse per un difetto congenito perchè la sorella, che era mia collega,  morì anche lei  giovane e improvvisamente.
E manca all' appello anche Leonardo Coen Cagli che allora era ragazzo e giocava poco, poi diventato nazionale di basket negli anni ’70, per 15 anni scenografo di Hollywood con 3 candidature all’Oscar e, dopo una pluriennale esperienza come architetto, creativo e visual designer in Europa, anche disegnatore per Walt Disney.
E' scomparso nel 2009 e i funerali, lo apprendo ora da Google, sono stati celebrati in S. Maria delle Grazie, qua a Milano.
Ma la stella, l' astro indiscusso era Jim Williams uno splendido negro; noi ragazze ce lo mangiavamo con gli occhi!
Mia sorella e io, approfittando del fatto che spesso lo incontravamo nella pizzeria Lombardi a S Chiara, luogo di culto per gli amanti della pizza e del basket, non esitammo ad avvicinarlo a cena più volte istaurando con lui  una sorta di amicizia.
Allora non c' era Internet e, complice quella santa donna di mia madre, quando la squadra giocava in esterna, la costringevamo a telefonare al " Mattino " il quotidiano napoletano, per conoscere il risultato della partita in tempo reale.
Che bei genitori avevamo!
Si avvicinava il giorno della finale della Coppa delle Coppe: mia sorella e io mettemmo da parte tutti i risparmi che potemmo per comprare i biglietti nella tribuna numerata e assistere da vicino alla finalissima.
C' era inoltre una mezza scommessa con un nostro amico, Enzo Pacella, che ancora oggi è tra le " presenze storiche " dell' estate vicana.
Lui sosteneva che noi non conoscevamo Jim Williams e inventavamo tutto.
Emozione, agitazione, arriva il giorno della partita; la Fides, dopo una partita allo spasimo vince la Coppa e noi vediamo lassù, in alto, il nostro amico che se la ride.
Era questione di onore: scendiamo di corsa sul parterre, afferriamo Williams e lo salutiamo.
Lui, grazie alle numerose volte in cui ci eravamo bvisti in pizzeria,  ci riconosce e mette le sue braccia sulle spalle di entrambe: sguardo di trionfo nostro  ( allora non si usava il gesto dell' ombrello!) e sguardo ammirato di Enzo, incredulo dall' alto.
L' anno dopo io ero con Vittorio e al Palasport si andava insieme: durante una partita Jim Williams, nell' eseguire una schiacciata mamdò in frantumi il tabellone ferendosi malamente.
Pretese di essre medicato e di scendere di nuovo in campo.
Un boato accompagnò il suo ingresso!
Ieri si sono incontrati a Napoli, lui e i superstiti della squadra di allora con Dino Meneghin che presentava un libro.
Nonostante i  67 anni Jim Williams si è conservato benmissimo e il ricordo del calore del pubblico napoletano lo accompagna ancora.
Il  Palasport di Napoli ora si chiama Palabarbuto dal  nome di Lello Barbuto giornalista appassionato e competente che contribuì a farci amare il basket in quegli anni!
Del resto cos' è il passato quando i ricordi sono così vivi che se ci pensi li provi ancora; basta allungare una mano e diventa presente!

domenica 6 maggio 2012

RITORNO A CASA



I due presero quota e, visti da lontano, sembravano due uccelli o, forse, l' amore e il desiderio di raggiungere il figlio, per qualche minuto compirono il prodigio.
Dopo ricordarono poco; probabilmente sulla luna non c' era niente di nuovo, solo che in una sera qualunque sembrava " Crapa Pelada ".
Là,  in qualche modo, ritrovarono il piccolo e  ritornarono sulla terra volando tra i due pianeti.
Quando giunsero a casa erano due persone normali con un bambino: scomparsa la piccola luminosa  E.T., scomparso il Pescatore di Luna diventato una via di mezzo tra un astronauta e un lupo mannaro, scomparsa anche lei quando si era trasformata e divenuta simile a lui; anche i ricordi sbiadivano rapidamente.
Sono una famiglia come tante, immersa nella tumultuosa vita  della grande città.
Gustano il ritorno alla normalità come un' esperienza bellissima; spesso noi umani sottovalutiamo il fascino rassicurante della normalità.
Vivono nella casa dalla cui finestra ammiravano rapiti la luna, accompagnano il bambino a scuola, lavorano, non parlano mai del passato.
Forse sembrano meno appassionati di una volta ma più consapevoli  e qualche volta  come ogni coppia normale litigano anche.
Sono cresciuti e maturati; nelle notti serene si affacciano alla finestra, ammirano il panorama, ascoltano i passi di qualche nottambulo che ritorna a casa, guardano la luna ma poco, di sfuggita.
Per amarla tanto ne sono stati rapiti e hanno rischiato di pagare un prezzo troppo alto.
Meglio essere come tanti, persone normali con una vita qualunque ma in tre, insieme per sempre.
GRAZIE A MARIO BOZZI PER L' ELABORAZIONE E AD ALINA BARTOLINI PER LA FOTO.


LA LUNA DIVERSA


I due, dopo aver lasciato il loro piccolo ai lunari, erano ritornati tra terra e luna,  metà astronuti e metà lupi mannari.
Si amavano sempre ma scrutavano la luna con maggiore insistenza di prima  sia perchè si domandavano come stesse il loro piccolo sia perchè speravano di poterlo, qualche volta, vedere.
Un giorno o una notte, il cielo era sempre uguale, tranne che nelle notti stellate, videro l' aspetto della luna mutare.
Lui disse a lei:" Guarda, sembra Crapa Pelada!".
Era una vecchia filastrocca, poi diventata una canzone che parlava di Crapa Pelada che faceva i tortelli ma non li dava ai suoi fratelli i quali facevano la frittata ma non la dvano a Crapa Pelada.
Era in dialetto lombardo e quando erano piccoli chiamavano la luna così: " Crapa Pelada".
Ma ora era diverso: forse fumo o filo spinato o una grande muraglia.
Che i lunari fossero in guerra con gli abitanti di un altro pianeta o di un' altra galassia?
Non si consultarono nemmeno; prevalse  l' istinto. 
Dovevano salire lassù e vedere se il loro piccolo era salvo, se potevano essere in qualche modo di aiuto.
Piano,  con la lentezza e la leggerezza insieme di chi si muove fuori dell' atmosfera,  cominciarono quasi nuotando ad avviarsi.
Cosa avrebbero trovato?  Non se lo chiesero.
Andarono e basta!

GRAZIE A MARIA EMANUELA MASSARI PER LA SUA FOTO LUNARE!

DI NUOVO INSIEME, SOLI


Sulla luna la gravidanza era breve, durava meno per via dellle tecnologie lunari e della mancanza di forza di gravità.
Infatti già dopo poche settimane dalle ecografie il bambino si presentava sempre più simile agli omini bianchi che abitano quel pianeta e già perfettamente formato ( perfettamente sempre secono i canoni lunari, sulla terra sarebbe sembrato un mostriciattolo ).
A loro fu fatto capire che il piccolo sarebbe rimasto là  nè loro potevano restare: troppo diversi ormai sia dagli umani che dai lunari.
Lui  per amore si era trasformato in una via di mezzo tra un astronauta e un lupo mannaro; lei  rapita dalla luna era diventata una sorta di  E. T. ( anche se Mario Bozzi, nella sua elaborazione, l' aveva quasi del tutto cancellata sovrapponendole Jun Ichikawa, la quale, con tutto il rispetto, cosa avesse a che fare con quella storia non è dato sapere)  e dopo che si erano incontrati di nuovo aveva preso le sembianze di lui.
Insieme, come in una commedia pirandelliana, per un gesto, erano rimasti bloccati in una forma che impediva loro sia di vivere sulla luna che sulla terra.
Lei ebbe presto il piccolo e lo vide appena.
Le fu fatto capire che suo figlio avrebbe avuto un grande avvenire; il patrimonio genetico terrestre e le risorse tecnologiche lunari gli avrebbero consentito di compiere studi avanzati ancora in tenera età.
Loro due tornarono dove erano prima a metà strada ad amarsi e contemplare la luna sperando di tanto in tanto di rivedere il loro piccolo.
Si amano come sempre con una punta di pena in più per ciò che hanno avuto ma subito perso.
 A volte, quando  il cielo è tutto uno scintillare di stelle, i due si scambiano un tenero bacio e le loro braccia sembra che disegnino lassù un cuore; è il saluto al loro piccolo; forse, chissà, un giorno lo rivedranno!

GRAZIE ALL' ELABORAZIONE DI MARIO BOZZI

ECOGRAFIA LUNARE



I due innamorati, lei " rapita dalla luna " e lui " pescatore di luna " che  grazie al suo amore e alla sua pazienza era riuscito a raggiungerla vivevano felici fra terra e luna.
Potevano ammirarla quanto volevano come facevano da terra, per ore, alla finestra. 
Non avevano bisogno di altro che del loro amore, si completavano a vicenda.
Un giorno lei si sentì male; era da qualche tempo ( non si poteva parlare di giorni lassù ) che soffriva di nausea, aveva frequenti capogiri.
Il suo malessere li turbò entrambi: finora si erano appagati del loro amore reciproco e questo fatto nuovo li rese consci della precarietà del loro vivere.
Quel restare sospesi tra terra e cielo non bastava più.
Con la forza della volontà, bastava quella e desiderarlo fortemente, nuotarono ( come era semplice senza forza di gravità ) fino alla luna.
Là, come l' Ariosto aveva intuito secoli e secoli prima " Altri fiumi, altri laghi, altre campagne / sono là su che non son qui tra noi; / altri piani, altre valli, altre montagne / c' han le cittadi..."
C'era un mondo impensato, diverso eppure stranamente uguale a quello che avevano lasciato tanto tempo prima giù.
La luce era strana, una notte quasi continua interrotta, di tanto in tanto, da una luce lattiginosa.
Cercarono e trovarono quello che a loro parve un ospedale: era una grande struttura con omini bianchi e indaffarati e una luce abbagliante che negli ambenti interni sembrava compensare il buio di fuori.
Non conoscevano la lingua di quegli esseri ma si accorsero che non serviva parlare; bastava pensare ed erano capiti.
Chiesero, o meglio, pensarono di chiedere una visita di controllo.
Gli omini che si presero cura di loro sorrisero; dissero loro di guardare in alto, in cielo.
Lassù, come in una fantastica ecografia, videro cosa accadeva in lei.
Un bimbo, prima una piccola cosa, poi  con molto più nitore delle normali ecografie terrestri,ecco  l' immagine divenire più grande.
Che fosse un bambino era chiaro ma quanto a vederne le membra le ecografie lunari erano uguali a quelle terrestri: ci voleva fantasia, almeno per ora.
Non sapevano se sulla luna ci fossero bambini; gli omini sembravano molto contenti.
E anche i due lo erano: presto sarebbero stati sulla luna in tre.

GRAZIE AD ALINA BARTOLINI PER LE SUE FOTO LUNARI

DI NUOVO INSIEME

La piccola e esile creatura continuava a muoversi incerta su quel terreno sconosciuto, in quell' aria lattiginosa, immersa in una luce incerta e spettrale.
Non ricordava molto del suo passato se non che era alla finestra e guardava la luna; sentiva un grande vuoto dentro, un dolore sordo che la faceva sentire come incompleta, come se qualcosa o qualcuno di molto importante le mancasse.
Non seppe mai quanto tempo fosse passato; ad un tratto sporgendosi e guardando verso il basso vide uno sciame di luci quasi una polvere di stelle che saliva verso lei.
Qualcosa nel suo cuore la spinse a credere che là c' era quel qualcosa o qualcuno che la rendeva intera e completa.
Non capì se accadesse perchè si era sporta troppo o perchè quella forza che le pareva venisse verso lei la chiamava con un' intensità quasi dolorosa.
Sentì che precipitava nel vuoto e poi si trovò a galleggiare nel buio.
Lui,il suo amore, che era con lei alla finestra e l' aveva vista volare via e scomparire,aveva bevuto una pozione datagli da una maga e ogni notte la cercava; era diventato un "pescatore di luna"
Non sapeva se fossero passati giorni, mesi o anni, sapeva solo che la voleva disperatamente e che non avrebbe mai smesso.
Una notte, all' improvviso, vide che una piccola luce dalla luna precipitava giù; l' afferrò appena in tempo.
Per farlo gli cadde la lenza ma non gli importava; guardava lei anche se era così diversa, piccola, quasi eterea come fatta di luna.
Riuscì a tenerla ferma e le fece inghiottire una delle gocce della pozione che portava sempre con sè.
Si accorsero insieme che lei stava cambiando e assumeva le sembianze di lui, una via di mezzo tra un astronauta e un lupo mannaro, strane creature notturne sospese a metà tra terra e cielo.
Quando furono uguali lei lo riconobbe e ricordò tutto e si sentì nuovamente completa e così lui: le due parti di un' unità inscindibile.
Sono là ormai da tanto tempo, sospesi tra terra e cielo; possono contemplare la luna e parlare fitto tra loro. Che siano diversi e in un altro luogo poco importa; sono di nuovo e per sempre, insieme.
Come dice un grande saggio a volte, quando la luna sembra scomparire e il cielo è tutto uno scintillare di stelle i due si scambiano un tenero bacio e le loro braccia sembra che disegnino lassù un cuore.

Grazie a Sandro Scalera per la bella elaborazione che ho " rubato " per finire la favola: siamo amici non penso che ti dispiacerà! Grazie Sandro e grazie Mario Bozzi che ha scritto la frase finale e postato la rielaborazione con il bacio!!!!


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SOLA


Non sapeva da quanto tempo fosse arrivata là; l' ultima cosa che ricordava era la finestra della sua camera, di sera e la luna che splendeva lassù nel cielo!
Quanto tempo era passato? Si mosse con cautela; le sembrava di essere leggera, quasi senza peso. 
Intorno un paesaggio brullo, desolato: montagne, laghi, tutto avvolto come in una nebbiolina leggera.
Mosse con cautela un passo, poi un altro: era come se i pedi si posassero senza sforzo a terra, se terra si poteva chiamare quel suolo strano.
Provò a guardare lontano...ecco in fondo all' orizzonte c' era una sfera che si muoveva con lentezza.
Anche i suoi occhi, ora, le permettavano di vedere oggetti lontani; forse nemmeno con gli occhi, li vedeva con una strana percezione del pensiero.
Capì che quella sfera che vedeva era la terra ma dove si trovava ora, avvolta com'era in questa strana luminosità?
Continuò ad avanzare: le vennero in mente i versi de" L' Orlando Furioso" quelli nei quali Astolfo va sulla Luna in groppa all' Ippogrifo per recuperare il senno di Orlando :
"Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve, 
ove le ninfe ognor cacciano belve."
Arrivò a un laghetto e immersa com' era in quella luce diffusa, si specchiò; vide una strana creatura, una piccola esile E.T. al femminile circondata da un alone di luce che la rendeva incorporea, leggera.
Capì: per uno strano scherzo del destino, contemplando la luna era diventata parte di quella, un essere diverso; sarebbe rimasta così per sempre oppure le sarabbe dato di tornare sulla terra? Forse avrebbe trovato altri esseri simili alla lei di adesso, trasformati in creature lunari.
Rimase ad aspettare, bianca, esile e leggera, qualcosa sarebbe accaduto...!
Grazie a Mario Bozzi e Maria Emanuela Massari che con le rispettive splendide elaborazione uno e fotografia l' altra hanno messo " le ali " alla mia fantasia!